Addio Sanguineti, poeta del bisticcio

Un ricordo di Edoardo Sanguineti, che aveva una furiosa e febbrile passione per la lingua: maneggiata, stravolta, "inventata". Nell’incontro-scontro tra suono e significato.

18/05/2010
Il poeta Edoardo Sanguineti
Il poeta Edoardo Sanguineti

Ricordo di aver incontrato Edoardo Sanguineti a Genova alcuni anni fa, per una lunga conversazione. Uomo dalle posizioni granitiche dal punto di vista ideologico, politico, letterario, sapeva però essere cortesissimo e amabile. In lui, morto oggi a 79 anni, la provocazione continua dell’avanguardista, le posizioni polemiche dell’engagé comunista e il garbo di un intellettuale d’altri tempi potevano convivere, senza troppi sforzi.

    Della sua opera in senso lato critica e intellettuale molto ci sarebbe da dire: dagli studi iniziali su Dante agli approfondimenti su Gozzano, alla sottolineatura del nesso di ideologia e linguaggio, fino alla battagliera antologia Poesia italiana del Novecento (1969), tutta costruita su un’idea di contestazione del canone. Ecco, per lui fare poesia, scrivere saggi accademici, pubblicare articoli sui giornali, partecipare a convegni internazionali, tradurre, scriveri libretti per musicisti contemporanei non erano attività scisse tra di loro.

    A tenerle insieme una furiosa e febbrile passione per la lingua, maneggiata, stravolta, ‘inventata’, e una pullulante vitalità intellettuale. La sua poesia, dagli inizi di rara oscurità sperimentale di Laborintus (1956) fino alle godibilissime cartoline poetiche di Postkarten (1978) e oltre, è stata un continuo banchettare sulle spoglie del linguaggio e della tradizione, un carnevalesco attraversare i meccanismi e le accensioni ironiche della verbalità. La sua figura retorica preferita era il bisticcio, l’incontro-scontro tra suono e significato. Ha prodotto una poesia del “piccolo fatto vero” (come dice in una singolare ars poetica), scritta non per l’immortalità, ma per il mondo confuso e babelico del postmoderno, che come pochi accettò, vivendolo con ilare allegria.

    Anche per questo divenne a suo modo un’icona: simbolo dell’ultima avanguardia storica (fu il capofila del Gruppo 63), fu anche poeta riconosciuto e noto, fino a comparire qualche anno fa in una pubblicità di una marca di jeans. L’opposto del cliché del poeta romantico e sognatore: piuttosto un contestatore blasonato e accademizzato.

Daniele Piccini
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Postato da A. A. il 18/05/2010 21:52

Vorrei ricordare alcuni versi di Sanguineti tratti da "Postkarten", versi che ad ogni rilettura, per la loro verità ed essenzialità, hanno sempre suscitato in me una profonda commozione. Li ho citati anche in un mio libro di memorie familiari: "Ho insegnato ai miei figli che mio padre è stato un uomo / straordinario: (potranno / raccontarlo, così, a qualcuno, volendo, nel tempo): e / poi, che tutti / gli uomini sono straordinari: / e che di un uomo / sopravvivono, non so, / ma dieci frasi, forse (mettendo tutto insieme: i tic / i detti memorabili, i lapsus): / e questi sono i casi / fortunati:".
A. A.

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