Addio al papà di Happy Days

Un nostro ricordo dell'attore Tom Bosley, che nella celebre serie Tv degli anni Settanta era Howard Cunningham, il papà di Richie. Con lui se n'è andata tutta un'epoca.

21/10/2010
Il cast al completo della setie Tv "Happy days".
Il cast al completo della setie Tv "Happy days".

Per noi degli anni sessanta, era semplicemente Howard Cunningham, il papà di Richie, che con l’amico Fonzie divenne anche nostro amico da quando, il 12 agosto 1977, un venerdi alle 19,20, andò in onda su Raiuno la prima puntata di Happy Days. Fonzie, addirittura abitava in un locale sopra il garage di Howard che gestiva un negozio di ferramenta.

    Ora il papà di quei giorni felici ci ha lasciati, a 83 anni, stroncato da un infarto nella sua villa a Palm Spring e con lui se ne è andata tutta un’epoca. Il suo vero nome era Tom Bosley, e chi segue i classici televisivi certo si ricorda del suo ruolo di sceriffo in un altro telefilm cult, La signora in giallo ancora in onda in questo periodo. Bosley aveva fatto anche parte del cast del musical di Broadway “La bella e la bestia” nel ruolo di Maurice, il padre della protagonista, Belle.

    Quegli “Happy days” erano nati in America nel 1972 come numero zero di una trasmissione che si intitolava “Love and happy days”, ebbe tanto successo che il regista George Lucas ne trasse un bel film intitolato “American graffiti”. Era il 1974 e quello fu il preludio al telefilm che approdò alla nostra Tv soltanto tre anni più tardi. I suoi personaggi, Tom Bosley/Howard Cunningham in testa, uscivano da un juke box che, dopo aver sistemato il vinile sul piatto intonava, a tempo di rock, “Sunday- Monday- Happy Days, Thursday – Friday- Happy days", auspicando un’intera settimana di giorni spensierati.

    Un po' tutti quelli che ci avevano fatto compagnia per undici stagioni nella vita in Happy days si sono dati da fare dopo la conclusione del telefilm. Ron Howard, che era Richie, lasciò la serie alla settima stagione, catturato dal cinema con il film “Splash, una sirena a Manhattan”. E nel cinema c’è rimasto, ha vinto l’ Oscar (A beautiful mind), e diretto successi come Il codice da Vinci e Angeli e demoni, ha perduto moltissimi dei suoi capelli rossi ma ormai è uno che è a pieno diritto tra quelli che contano a Hollywood.

    Ma il vero trionfatore di Happy days è stato Arthur Fonzarelli, detto Fonzie, che, previsto nella sceneggiatura come personaggio minore, si impossessò del video diventando il mattatore di tutte le 256 puntate trasmesse. Lui riproponeva con ironia quella straordinaria stagione del rock, di Elvis, di “grease", la brillantina che tutti i teen-agers dell’epoca si spalmavano sui capelli.

    Ho avuto l’opportunità di conoscerlo, nel 1980, quando vinse il Telegatto come personaggio dell’anno e arrivò sino in Sicilia per ritirarlo. Era un simpaticone, viaggiava con una telecamera con la quale immortalava tutto quel che vedeva. Non indossava il “chiodo”, come in Tv, che era quel giubbotto di pelle nera tanto amato dai ragazzi degli anni Cinquanta, né gli stivali a punta, ma ripeteva spontaneamente quel movimento del pollice che ruotava all’indietro verso la spalla e che tutti quanti abbiamo ripetuto, perché era quasi un beneagurante O.K

    Happy days non l’ha mai abbandonato: recentemente Winker ha messo in scena a Londra un musical intitolato proprio come il telefilm. Quando, qualche anno dopo la visita in Sicilia, ero a Los Angeles, mi invitò nella sua villa e, una sera, mi mostrò tutto quello che aveva girato in Italia. Gli chiesi come era nato “Happy days”e lui mi rispose che la filosofia del programma era quella espressa dal suo produttore. “Se metti in piedi una serie sui giovani senza parlare di spinelli e di sesso la gente dice che non è reale. Ambientarla nel passato può permetterti di non affrontare certi temi”.

    Erano gli anni settanta, quelli che in Italia erano gli anni di piombo. E "ripiombare" nei gioiosi anni Cinquanta era bellissimo. Forse il segreto di quel successo incondizionato, al quale ha anche contribuito la simpatia di Tom Bosley, stava proprio lì. Nel sogno del passato.

Gigi Vesigna
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