Afghanistan, Alpini: addio a Bakwa

Prosegue il piano di sganciame degli italiani nella provincia di Herat. Ora tocca agli afghani controllare la zona. E i soldati che restano si preparano al Natale.

20/12/2012

L’esercito italiano ha iniziato da tempo le operazioni di rientro dall’Afghanistan, attraverso una tempistica concordata. L’ultimo accordo è stato sancito l’11 dicembre: gli Alpini hanno passato la base di Bakwa all’esercito di Kabul. Le forze afghane assumono, così, la leadership della sicurezza nella provincia di Herat. In questo modo, la leadership nella zona, che costituisce larga parte della regione occidentale dell’Afghanistan, è appannaggio della polizia e dell’esercito locali. In precedenza, le forze di Kabul avevano assunto la responsabilità delle basi in Gulistan e a Bala Murghab, sostituendo i militari italiani della brigata Garibaldi a luglio e a settembre di quest’anno.

Col rientro in Italia della task force South east, nelle prossime settimane il contingente italiano in Afghanistan scenderà di circa 450 unità, attestandosi a 3.600 effettivi circa. La responsabilità della base è stata assunta inizialmente dall’unità del 207° Corpo dell’esercito afghano, che negli ultimi mesi ha operato, sempre da Bakwa, col sostegno della task force South east italiana. Nelle prossime settimane, l’esercito verrà integrato da unità scelte della III brigata di polizia.

Il compito italiano nel distretto di Bakwa è stato quello, assieme alle forze di sicurezza afghane, di contrastare i gruppi di insorti provenienti da sud e garantire la libertà di movimento lungo la Ring road – strada che collega Kabul a Herat passando a sud per Kandahar – e la Route 515. I militari italiani impegnati sono stati 2.000 mentre le attività sul campo sono state pianificate e condotte in partnership con polizia ed esercito locali. Tra i risultati ottenuti negli ultimi quattro mesi, il fermo di numerosi sospetti e il sequestro di un ingente quantitativo di armi e munizioni. Nello stesso periodo si è registrata anche una diminuzione del 70% degli ordigni esplosivi improvvisati lungo le strade. Nel campo dell’assistenza alla popolazione, gli Alpini hanno realizzato otto pozzi e distribuito generi di prima necessità, tra cui 2.500 coperte, 50 generatori elettrici, 20 pannelli solari, oltre a centinaia di indumenti e di kit scolastici per gli studenti.

E, in questo periodo particolare, non va dimenticato che anche nella base principale del contingente italiano in Afghanistan si tengono i mercatini di Natale, con una particolarità: tutti gli oggetti da acquistare sono prodotti dalle detenute del centro correzionale femminile di Herat. La struttura costituisce il fiore all’occhiello del dipartimento penitenziario afghano ed è stata realizzata con fondi Ue e della Difesa dal Provincial reconstruction team italiano, l’unità militare specializzata in progetti di assistenza e sviluppo guidata dagli Alpini della Taurinense.

Tappeti, disegni, dipinti e piccole opere di artigianato fatte a mano vengono venduti ai militari e ai civili italiani della base da una cooperativa. Una parte importante del ricavato va alle detenute, che seguono corsi di formazione professionale e possono tenere con sé i figli piccoli.
 
A tenere vivo un legame tra Italia e Afghanistan, anche L’Altra metà della divisa, rete di supporto alle famiglie dei militari che ha realizzato l’iniziativa Buon Natale soldato. L’organizzazione si è attivata in tutta Italia per raccogliere disegni e messaggi di bambini dai 5 ai 10 anni, desiderosi di trasmettere i loro auguri ai nostri militari “perché a Natale, in quei luoghi lontani, possiate sentirvi un po’ più vicini a chi vi ama e vi sostiene quotidianamente”, come affermato la Rete di supporto in un comunicato.

Più di 300 le opere raccolte. Alcuni bambini hanno preferito esprimere i loro pensieri attraverso immagini e colori: c’è chi li vede come dei supereroi, chi spera che Babbo Natale passi anche dall’Afghanistan, chi ha disegnato elicotteri, aerei, dirigibili e campi, chi ha reso natalizio anche il deserto e chi ha dipinto i soldati come portatori di pace e di aiuto a bambini e popoli meno fortunati. C’è chi anche, con semplici parole, li ringrazia per il lavoro e l’impegno.

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