Afghanistan, sempre più oppio

In un anno le coltivazioni di papavero da oppio sono cresciute del 18%. Una nuova ragione d'allarme per l'Afghanistan.

03/12/2012
Un soldato dell'esercito afghano in un campo di papaveri da oppio (Reuters).
Un soldato dell'esercito afghano in un campo di papaveri da oppio (Reuters).

Da Washington - Le coltivazioni di papavero da oppio in Afganistan sono aumentate, in un anno del 18%. L’ allarme è stato dato dall’Onu che riporta i dati di un’ indagine condotta dal dipartimento antidroga del ministero degli Interni afghano.    

“L’ incremento della produzione nel 2012",  spiega Jean Luc Lemahieu, capo dell’ ufficio  dell’Onu che si occupa di criminalità e narcotici in Afghanistan, "è dovuto all’aumento dei prezzi del papavero da oppio e dall’instabilità della zona in cui viene coltivato, che impedisce i controlli e rende la vita facile ai produttori e ai trafficanti”.  Un altro fattore che ha causato l’ aumento delle zone coltivate a oppio in Afghanistan è una malattia del papavero che fa appassire le piante.   

A nulla in apparenza è servito il programma varato dal governatore della provincia più famosa per la coltivazione  del papavero da oppio, quella di Helmand, che fornisce incentivi e lavori alternativi ai contadini che sradicano le coltivazioni di droga. Cifre alla mano si capiscono i motivi: un contadino che coltiva prodotti alternativi riesce a guadagnare circa 120 dollari l’anno per ogni ettaro di terreno; coltivando papaveri da oppio, se l’ annata è buona, riesce ad incassare anche 10 mila dollari.   

Per gli esperti dell’Onu l’aumento delle coltivazioni, anche se non corrisponde a un determinante aumento di produzione, è pericolosissimo perchè denuncia la volontà dei contadini di non cambiare rotta e perchè mantiene il primato dell’Afghanistan come principale produttore mondiale di oppio. Secondo le stime, in Afghanistan viene prodotto circa l’80% dell’oppio usato nel mondo, perlopiù lavorato, raffinato e venduto sotto forma di eroina. La maggior quantità dell’eroina di origine afghana viene esportata in Russia, Iran ed Europa.   

“I dati sono allarmanti", spiega Lemahieu, "ma non vogliamo creare panico. Dipende da noi consigliare il Governo afghano su nuove misure per correggere la situazione. Sarà una strada molto lunga e difficile da percorrere, occorreranno decine di anni”.   

Le coltivazioni di oppio in Afghanistan sono un grosso problema per l’esercito americano e i suoi alleati che non le vogliono bombardare e distruggere completamente per non gettare nella mendicità i contadini, e sono un problema altrettanto grave per il Governo afghano. Per il ministero degli Interni, e conseguentemente per polizia ed esercito, organizzare dei veri rastrellamenti delle zone di coltivazione, che sono di gran lunga le meno sicure del Paese, significherebbe la perdita di moltissime di vite umane.

Nel corso dell’anno 102 fra poliziotti e civili afghani sono stati ammazzati dai talebani e dai contadini che difendevano le coltivazioni di droga. Altre 127 persone sono rimaste gravemente ferite. I talebani difendono con le unghie e con i denti le coltivazioni perchè sono per loro una delle principali fonti di guadagno. Secondo il ministro degli Interni Zarar Ahmad Muqbil, nel 2012 i talebani avrebbero incassato con la tassa sulle coltivazioni di papavero da oppio, nelle zone da loro controllate, circa 155 milioni di dollari.   

Per combattere le coltivazioni di oppio il Governo ha addirittura adottato, parallelamente al  sistema di incentivi che comprendono la distribuzione di semi di altissima qualità, anche multe arrivando addiritttura a dichiarare la zona attraversata dal fiume Helmand come terreno adibito esclusivamente alla coltivazione di piante per l’alimentazione dell’uomo. Le misure non sono però servite a molto: molti contadini si sono limitati ad abbandonare i loro campi per spostarsi in zone desertiche dove i controlli sono praticamente impossibili, ma dove, grazie al fatto che il papavero non richiede terreno fertile, possono continuare a coltivarlo, pagando la tassa ai talibani ma guadagando pur sempre più di quanto incasserebbero se coltivassero pomodori melanzane o patate.    

Mariuccia Chiantaretto
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