Usa: caso Trayvon, illegittima difesa

Il 10 aprile inizierà il processo a George Zimmerman, che uccise a sangue freddo il 17enne di colore Treyvon Martin. Un processo anche contro la lobby delle armi.

03/04/2012
Gli omaggi e i ricordi nel luogo dell'assassinio (foto e foto copertina Reuters).
Gli omaggi e i ricordi nel luogo dell'assassinio (foto e foto copertina Reuters).

“Anche se alla fine Zimmerman verrà arrestato e accusato di qualcosa, dovrebbero essere le leggi della Florida a finire sotto processo.” Cosi’ il settimanale ‘Time’, attento come ormai tutti i media americani all’argomento, conclude il lungo articolo dedicato al caso Treyvon Martin il diciassettenne di colore ucciso un mese fa in un sobborgo di Orlando da George Zimmermann, un, forse troppo zelante, capo ronda di quartiere messo in liberta’ subito dopo il fatto dalla polizia locale.
E insieme a quelle della Florida, ci sono quelle di almeno altri venti Stati dell’Unione che seppur con diverse sfumature interpretative locali permettono ovunque, non solo in casa propria, l’uso della forza anche “mortale” per legittima difesa.

La norma incriminata si chiama “stand your ground” (difendi il tuo territorio), in questo caso anche quello occupato temporaneamente, e davanti al tribunale – almeno quello mediatico – ci e’ finita gia’, da quando l’omicidio del ragazzo nero, armato solo di bibite e caramelle, da parte dell’aspirante poliziotto, mezzo bianco, mezzo ispanico, che, al contrario armato lo era eccome, ha fatto riesplodere polemiche che in America non hanno mai smesso di covare sotto la cenere di un apparente convivenza pacifica tra le razze.

La “stand your ground” come spiega chiaramente il ‘Time’ nello stesso articolo non e’ altro che un estensione della cosiddetta “castle law” (legge del castello) che permette la forza armata in caso di assalto in casa propria, ‘inaugurata’ anch’essa in Florida e fortemente sponsorizzata dall’NRA National Rifle Association – la famigerata e potentissima lobby delle armi da fuoco. Entrambe, sempre piu’ usate dagli avvocati difensori nei casi di omicidio, compresi spesso quelli originati da violenza domestica.

Ora il circo mediatico scatenatosi attorno al caso Treyvon Martin ha giustamente riaperto il dibattito su queste norme presenti nei codici penali di mezza America - figlie naturali del brutto vizio nazionale di farsi giustizia da soli - mettendone in luce gli aspetti piu’ rischiosi e deleteri. Adesso pero’ la questione ha un volto, quello di George Zimmerman, e dato che dal suddetto vizio non sono esenti purtroppo nemmeno I mass-media, l’impressione e’ che la radice di tutti i mali sia diventato solo ed esclusivamente lui.

Che la polizia locale sia stata a dir poco indulgente con quel vigilante della domenica dal grilletto facile e’ fuor di dubbio. Cosi’ come il fatto che, nel far riaprire a livello statale e federale un caso praticamente gia’ chiuso, sia stato a dir poco decisivo il ruolo di riflettori e telecamere. Ma adesso quelle stesse telecamere – anzi i mezzibusti che ci stanno davanti e soprattutto I producer che ci stanno dietro – stanno esagerando in senso opposto.

E’ un po’ come se la TV si unisse ai cori delle tante manifestazioni spontanee , e dei tanti leader in cerca di pubblicita’, che in questi giorni, nonostante il sistema giuridico Statale della Florida abbia programmato la prima udienza sul caso il 10 aprile prossimo, chiedono a gran voce l’arresto di George Zimmerman.

Non c’e’ da stupirsi dunque quando le cosiddette “Nuove Pantere Nere” (in realta’ quattro gatti fanatici non riconosciuti nemmeno dalle Pantere “originali”) mettono, come nel migliore Far West, una taglia vera e propria sulla testa di Zimmerman e al loro delirante leader viene concesso ampio spazio televisivo per annunciarlo.
E nemmeno quando Spike Lee, il regista di “Fa la cosa giusta”, decide di mettere sul suo social network l’indirizzo postale – sbagliato, oltretutto - di George Zimmerman, facendo si’ che la mattina dopo due ignari pensionati che di cognome fanno Zimmerman e con un figlio di nome George – che del killer non e’ nemmeno cugino - si trovassero il giardino invaso di giornalisti e la cassetta della posta e la segreteria telefonica intasate da minacce di morte.

George Zimmerman, quello vero, sara’ probabilmente arrestato e processato presto. E visto il clamore, c’e’ da scommetterci, stavolta non se la cavera’ tanto facilmente. L’altro processo invece, quello alle leggi - auspicato da ‘Time’, e’ molto piu’ in forse. Dopo tutto, e’ piu’ facile sbattere in copertina prima, e in galera poi, un Rambo di condominio, che emendare o cassare gli articoli del codice penale che gli permettono di esistere. Anche perche’ spesso, davanti all’avvocato difensore di questi ultimi – la lobby delle armi, in America non ci sono Corti, o mass-media, che tengano.

Stefano Salimbeni
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