03/11/2011
Il ministro Giulio Tremonti.
Il Governo vuol chiedere la fiducia sulle misure anti-crisi che serviranno per dare risposte concrete all’Unione Europea. Fra due settimane tutte le misure contenute nel decreto di stabilità e nel maxiemendamento saranno determinate e definite. È quanto promette Silvio Berlusconi ai partner europei del G20 secondo fonti del Governo italiano.
Il Premier ha fatto sapere di volere intervenire anche sul mercato del lavoro e di essere pronto, a questo proposito, ad aprire una trattativa con i sindacati. Ma la speculazione continua inarrestabile ad aggredire il nostro debito pubblico. La mossa del neo-governatore della Bce, Mario Draghi, di abbassare il costo del denaro ha ridato fiato alle Borse ma la tregua non durerà a lungo. Oltretutto Draghi ha tenuto a sottolineare che la Bce non è obbligata d acquistare per statuto titoli di Stato in scadenza, rimarcando l’autonomia di Francoforte dagli Stati dell’Unione.
La verità è che il Governo appare incerto, confuso, incapace di esprimere una sintesi convincente della cura da cavallo necessaria a salvare il Paese. Dalla maggioranza arrivano proposte sterili e non certo prioritarie come l’abolizione dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori o altre amenità padane tipo le gabbie previdenziali. L’impressione è che il Governo rischi di cadere prima ancora che si arrivi a una definizione del decreto di stabilità. I sussurri e le grida di defezioni tra i ranghi della maggioranza si susseguono. Le sollecitazioni a dimettersi non vengono solo dall’opposizione, ma anche dalla società civile, dalle parti sociali, dall’associazionismo cattolico (un comunicato delle Acli parla di procedere sulla via di un nuovo Governo).
Vi è poi la vicenda del dissidio tra il premier e Tremonti. Una storia che ha dell’incredibile, con il silenzio ostinato del ministro dell’Economia che veniva paragonato a Colbert e viene avvistato a fianco di Umberto Bossi, silenzioso, alla sagra della zucca di Pecorara, in provincia di Piacenza.
Forse in un momento così difficile per la storia della Repubblica servirebbe un Governo delle grandi intese, formato da tutto l’arco delle forze parlamentari, un Governo tecnico o del Presidente capace di chiedere sacrifici al Paese in nome della collettività, senza risparmiare quei ceti sociali tradizionalmente vicini al Governo e senza accanirsi sugli statali (cui è stato risparmiato ben poco in questa legislatura, compreso l’ultimo colpo di scena della mobilità). Ma l’asse Berlusconi e Bossi preferisce puntare sulle elezioni anticipate, nella speranza di un recupero.
Ci si chiede quale tipo di politica economica intenda mettere in atto un Governo che punta alla rielezione e che non dimentica la propaganda anche di fronte a scelte cruciali come quelle cui è chiamato in questi giorni. Il rischio è che (e con esso tutta la classe politica) sia condannato a una “damnatio memoriae” storica, trascinando l’Italia nel burrone.
Francesco Anfossi