31/10/2012
La cementificazione ogni giorno divora 75 ettari di territorio.
Avanza il cosiddetto decreto Catania, che dovrebbe porre un freno, anche se non totale, al consumo di suolo che ogni giorno divora circa 75 ettari di territorio. Ieri è stato trovato l'accordo tra Stato e Regioni che ha sbloccato il disegno di legge. Un testo che alla prima lettura delle bozze circolate, appare molto modificato rispetto alla versione licenziata dal Consiglio dei Ministri lo scorso 14 settembre. “Un primo passaggio istituzionale è stato completato. Questa non può che essere considerata una buona notizia da tutti coloro che credono che la cementificazione dei terreni agricoli del Paese sia un’emergenza nazionale. Ora il nostro obiettivo è quello di proseguire nell’iter previsto, che richiede un ulteriore passaggio a Palazzo Chigi prima del coinvolgimento del Parlamento, per fare in modo che questo provvedimento diventi legge prima della fine dell’attuale legislatura” ha dichiarato il ministro Mario Catania.
Gli ambientalisti sottolineano che i miglioramenti sono molto positivi, a partire dalla definizione di suolo, dichiarato bene comune e come tale tutelato nel suo stato di fatto. Il testo ha sicuramente bisogno di essere migliorato e alcune cose effettivamente rischiano di sortire effetti opposti a quelli desiderati, ma ha l’indubbio merito di aver riportato l’attenzione su un tema cruciale per il Paese (per di più legandolo alla scarsità di cibo) che altrimenti nessuno si sarebbe accollato istituzionalmente ed è importante che riesca ad inserirsi nella faticosa e affollatissima agenda del governo Monti. “Sono almeno due i meriti principali di questa iniziativa” sottolinea Paolo Pileri, docente di Pianificazione territoriale e ambientale al Politecnico di Milano e autore del saggio “Amor Loci”. “Il primo è di eliminare quell’obbrobrio dell’uso degli oneri di urbanizzazione per sostenere la spesa corrente delle amministrazioni che ha ridotto il suolo a un bancomat. Il secondo è che dobbiamo deciderci di fissare un limite al consumo di suolo. Quel limite va fissato, non in modo assoluto con meccanismi perequativi di dubbio effetto, ma legandolo al preventivo riutilizzo dei volumi edilizi già esistenti e non utilizzati. Insomma prima usi i volumi e il dismesso esistente e poi chiederai di usare suolo libero”.
Permangono tuttavia alcuni dubbi, lucidamente espressi dal professor Salvatore Settis, padre del Codice del Paesaggio, che scrive: “L’art. 2 prevede un meccanismo “a cascata” per cui il ministro dell’Agricoltura «determina l’estensione massima di superficie agricola edificabile sul territorio nazionale», che poi viene «ripartita tra le diverse Regioni», che a loro volta ripartiscono le quote fra i Comuni. In tal modo, anche un Comune dove nessuno avesse l’intenzione di edificare su suoli agricoli si vedrà recapitare il boccone avvelenato di un tot di suolo, con l’invito a renderlo edificabile anche se così non è nel piano regolatore né nelle intenzioni; anche una Regione virtuosa (se ce ne sono) si troverà sul piatto il dubbio regalo di una “quota” di terreni agricoli da edificare Venendo a mancare gli oneri di urbanizzazione, i Comuni sapranno resistere alla tentazione di utilizzare le “quote edificabili” di terreni agricoli ricevute in dono per spremerne qualche nuovo introito? ”.
Insomma il decreto Catania deve ancora essere perfezionato, ma rimane un'opportunità da non perdere per mettere dei paletti all'uso del suolo, drammaticamente urgenti e necessari. Il Salone del Gusto che si è da poco chiuso a Torino ha dimostrato ancora una volta, qualora fosse necessario, che nulla difende il paesaggio e l’ambiente quanto un’agricoltura di qualità. Cerchiamo di ricordarcelo e di mantenere quell'intricato reticolo di campi e borghi, colline coltivate e boscate, che rendono così bella la nostra Italia. Gabriele Salari
Gabriele Salari