Centro Astalli: 2010 duro per l'integrazione

Il Rapporto annuale del Centro dei gesuiti mette in rilievo le difficoltà generate dalla crisi economica e da un sistema inefficiente nell'accogliere i rifugiati.

14/04/2011

“In Europa si e’ consolidata la tendenza ad applicare politiche di frontiera sempre più restrittive, che troppo spesso sembrano dimenticare che tra coloro che cercano di entrare nell’Unione ci sono anche persone che hanno bisogno di protezione internazionale e le cui vite sono in pericolo”. Sono parole di padre Giovani La Manna, presidente dell’Associazione Centro Astalli.

     Come ogni anno il Centro creato dai Gesuiti fotografa in un Rapporto  la situazione dei rifugiati in Italia e la conclusione  è pessimista: il 2010 e’ stato un anno nero per l’asilo.L’anno scorso si è registrato un record negativo delle domande di asilo presentate in Italia. Sono stare 8.200, contro le 17.600 del 2009 e le 30.000 del 2008. Secondo il Centro Astalli, “il sistema di accoglienza si è confermato gravemente insufficiente e inefficace”.

     Il periodo medio di permanenza nei centri di accoglienza rimane molto lungo, inoltre resta sempre problematica l’integrazione, soprattutto per le donne, ostacolate da problemi di salute, fragilità psicologiche, la presenza di figli piccoli da accudire e le difficoltà nel trovare un lavoro. Il Rapporto annuale il Centro Astalli sottolinea anche casi di rifugiati che, ormai in Italia da qualche anno, sono stati costretti a ritornare nei centri di accoglienza in seguito al fallimento del loro progetto di integrazione. Questo fenomeno è apparso particolarmente evidente al Centro Astalli di Palermo, dove si registra il ritorno di molte persone che si erano gia’ da tempo trasferite nelle citta’ dell’Italia del Nord e si sono trovate in difficolta’ a causa della crisi economica.

     Nel corso del 2010 si sono rivolte ai servizi del Centro Astalli di Roma circa 16 mila persone. Rispetto all’anno precedente si nota un leggero calo, tuttavia il numero dei pasti distribuiti alla mensa rimane “decisamente alto” (la media giornaliera e’ di 330). Aumentano la precarietà e la fragilità di chi arriva, l’età media della maggior parte degli utenti della mensa ha meno di 30 anni e le nazionalità maggiormente rappresentate sono Afghanistan, Somalia, Eritrea e Iraq.Tra loro, purtroppo, sono sempre piu’ numerose le vittime della tortura, per la maggior parte provenienti dai Paesi africani.

Roberto Zichittella
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