14/11/2012
La protesta dei lavoratori della Compass Group Italia
Per il momento nessuna disponibilità: i dirigenti della Compass non fanno marcia indietro rispetto agli annunciati 824 licenziamenti.
La società - leader con i suoi 380 mila dipendenti in tutto il mondo, del settore della ristorazione -, ha deciso di «migliorare la redditività dell’azienda» italiana tagliando i posti di lavoro. Facendosi forte delle nuove normative in tema di licenziamento, la Compass Group Italia ha così dichiarato gli 824 esuberi in assenza di uno stato di crisi. E, anzi con i bilanci in attivo.
Londra infatti ha deciso, dichiarandolo agli azionisti, che per equilibrare i profitti bisogna tagliare il costo del lavoro in Sud Europa: Portogallo, Spagna e Italia. Il Portogallo ha già dichiarato 80 esuberi, la Spagna, per il momento resiste, mentre in Italia il nuovo ad dell’azienda ha deciso di procedere con 824 persone chiudendo le sedi di Salerno e Roma e riducendo rispettivamente del 70 e del 30 per cento le sedi di Torino e Milano, Saranno inoltre licenziati tutti i direttori di mensa.
Nella lettera inviata ai sindacati la Compas dichiara che è inutile pensare a soluzioni alternative come i contratti di solidarietà.
Un disastro per le famiglie coinvolte. Se le procedure dovessero andare fino in fondo, infatti, non è previsto alcun ammortizzatore sociale e le famiglie sarebbero letteralmente per strada.
Di fronte alla durezza della società, che in Italia, con i suoi 8mila dipendenti, gestisce servizi di ristorazione collettiva, pulizie civili e industriali su tutto il territorio nazionale, compresa la Camera dei deputati, i sindacati hanno indetto scioperi e mobilitazioni e hanno allertato il ministero. In gioco, dicono i lavoratori, non c’è solo quello del loro personale destino, ma il futuro dell’intero Paese.
«Si evidenzia il pericolo», scrivono i lavoratori, «che questa manovra della multinazionale Compass, se passasse, possa diventare un pilota anche per altre aziende multinazionali che operano nel nostro Paese: pur non essendo in crisi, raggiungere il massimo profitto non investendo ma tagliando i "costi fissi", cioè prima di tutto le "persone". Per poi magari andarsene dal Paese lasciando terra bruciata».
Inoltre, è quanto lamentano i sindacati, nell’ultimo bilancio pubblicato si riporta «un aumento del valore della produzione di 3.491.882 euro, un utile ante imposte di euro 9.811.635 (+ 2.077.737) e un utile netto di euro 1.254.781 a fronte di un utile netto di euro 102.682 relativo all’esercizio precedente». E nella relazione allegata si dichiara che quello del 2011 è stato «il miglior risultato economico netto degli ultimi 4 esercizi».
Se la situazione finanziaria è, invece, peggiorata, ciò si deve ai «i ritardi di pagamento da parte dei clienti segnatamente quelli che fanno a capo alla Pubblica Amministrazione».
Stando così le cose, si chiedono i lavoratori, «diventa un paradosso che a rimetterci la pelle siano 824 lavoratori che con il loro salario hanno pagato direttamente le tasse alla Pubblica Amministrazione», fra l'altro in virtù di una legge, come quella voluta dalla Fornero, che fa dei lavoratori l’anello debole della catena.
Anche per spiegare queste ragioni i lavoratori chiedono che il ministero convochi immediatamente le parti dopo il nulla di fatto dei due incontri precedenti tra sindacati nazionali e azienda. Cinque, dei trenta giorni a disposizione secondo legge per il confronto al ministero, sono infatti già passati. Alla scadenza del trentesimo l'azienda può cominciare a spedire le lettere di licenziamento.
Annachiara Valle