08/02/2013
Il cardinale Angelo Bagnasco, arcivescovo di Genova e presidente della Cei (Ansa).
Il presidente della Cei torna ancora una volta sulla concretezza della politica. Troppe promesse galleggiano sulla superficie di questa campagna elettorale. Con il risultato di smarrire "la verità delle cose", vale a dire quello che vogliono gli italiani dalla politica, perché la gente è stanca, "la gente non si fa più abbindolare da niente e da nessuno". Parole chiare, durissime, che interpretano il sentimento della maggioranza degli italiani. Il cardinale Angelo Bagnasco ha scelto il Consiglio generale del Movimento cristiano lavoratori per ricordare le priorità politiche del Paese, che sono il lavoro e la giustizia sociale. L’emergenza occupazione preoccupa doppiamente la Chiesa, che non si rassegna non solo alla carenza di posti ma a un "lavoro che non è più inteso come costitutivo dell’identità della persona" (come ha sempre auspicato la dottrina sociale della Chiesa, basterebbe ricordare la Laborem Excercens di Giovanni Paolo II)) e neppure "il perno intorno a cui legare le definizioni di sé", ma "assume un significato puramente estetico".
Dunque si attende che il lavoro "sia gratificante per se stessi invece di venire valutato in base al bene che produce al prossimo, al Paese, alle generazioni”. L’emarginazione dal lavoro "deve essere un'eccezione dolorosa, che non può durare più di tanto"; inoltre, aggiunge Bagnasco, bisogna "rivedere i livelli retributivi dei lavoratori. Se le tasche sono svuotate e aperte in pubblico, e ci si accorge che certe sono vuote e altre estremamente piene, una domanda va posta in nome dell’equità insieme alla giustizia". Dal cardinale arriva anche un’incitazione a rimettere mano alle riforme dello Stato. Criticando le nozze gay approvate in Francia e Inghilterra (“se si stravolge la realtà ridefinendo la famiglia, il matrimonio, l’uomo non sarebbe una evoluzione o una progressione ma un arretramento antropologico e di civiltà”) ha riproposto la proposta Cei del 2007 sul diritto comune, ma ha chiesto un atto di coraggio agli italiani, quello di essere apripista di un’antropologia alternativa.
Se il relativismo, ha aggiunto il cardinale Bagnasco, apre di volta in volta “piccole fessure” nella cultura e nella legislazione e lo fa in nome di una tendenza europea "più postulata che reale" il rischio è che "una piccola apertura può trasformarsi in futuro in una voragine". L’Italia "farebbe invece un grande servizio alla comunità europea e internazionale a non allinearsi, non copiare, non seguire pedissequamente e giustificare se stessi dicendo che ormai l’Europa evoluta ha scelto questa strada, ma a interrogarsi se siano davvero buoni esempi da seguire".
Francesco Anfossi