24/12/2011
Il presidente dei vescovi italiani, cardinale Angelo Bagnasco, con una famiglia.
"Gli ottant’anni di Famiglia Cristiana rappresentano un traguardo. La durata, infatti, è sintomo di vitalità e di capacità in un mondo che vive dell’istante e dell’ebbrezza della novità. Per questo l’intuizione originaria di un settimanale che arriva nelle case di tutti gli italiani per «portare Cristo oggi con i mezzi di oggi» – secondo le parole del suo primo editore, il Beato Giacomo Alberione – ha trovato lungo il tempo una conferma che riveste un profondo valore educativo. La durata, infatti, si spiega con alcuni caratteri che possono essere agevolmente ricostruiti: anzitutto la fedeltà, quindi il realismo e poi la scelta di una prospettiva unificante: cioè la famiglia.
Anzitutto la fedeltà. Infatti, per durare occorre essere capaci insieme di fedeltà e di cambiamento. Ed è la prima che àncora e dà spessore al secondo, che sarebbe altrimenti un fluttuare sradicato, un falso movimento. La fedeltà è la garanzia di non soccombere alle mode dell’effimero e alla semplice registrazione dei cambiamenti sociologici, ma è la capacità di restare saldi in una prospettiva di senso che trae la sua linfa dalla fede. Con la fedeltà di fatto apriamo continuamente in noi un accesso così intimo alla volontà di Dio che la sua vita, come pane sostanzioso, penetra e assimila la nostra.
Il giornalismo cattolico sa evitare certamente il sensazionalismo, che oggi è così diffuso per aumentare le vendite, ma deve anche sottrarsi a un racconto che parli della realtà in modo edulcorato. È richiesto, piuttosto, un sano realismo. Il cristiano che parla della realtà, infatti, non deve aver paura di guardarla in faccia, anche se la prima cosa che si vede spesso è il male. A differenza di quelli che, semplicemente, si rassegnano al “dato di fatto”, il cristiano vive però in un universo più ampio. È convinto cioè che il mondo naturale sia segnato dal soprannaturale. Chi parla della realtà con uno sguardo cristiano tiene insieme il tempo e l’eternità e non si ferma all’istante che è sempre muto: sa collocare gli eventi, anche quelli più drammatici, in una cornice di speranza.
Una lettura così aderente al vissuto della gente e al territorio del nostro Paese richiede un’ultima attenzione: la capacità di interpretare l’insieme attraverso il prisma della famiglia. E una rivista per la famiglia non solo si rivolge alle diverse generazioni, ma anche ha a cuore l’umano nella sua integrità e ricchezza. Per questo Famiglia Cristiana è riuscita a mantenere nel tempo un ruolo educativo. In effetti, informare e intrattenere non sono mai disgiunti dall’educare, se non si cerca di «dare passivamente alla gente ciò che la gente vuole», ma si mira ad allargare gli orizzonti ed elevare la ricerca dell’umano all’altezza della sua vocazione. Educare è proprio questo movimento di portare fuori, di uscire dall’immediatezza dell’interesse attraverso un’intelligenza degli eventi basata sulla verità e sulla sollecitudine, come suggerisce la Chiesa.
Scrive, infatti, Benedetto XVI: «La carità non esclude il sapere, anzi lo richiede, lo promuove e lo anima dall’interno. Il sapere non è mai solo opera dell’intelligenza. Può certamente essere ridotto a calcolo e a esperimento, ma se vuole essere sapienza capace di orientare l’uomo alla luce dei princìpi primi e dei suoi fini ultimi, deve essere “condito” con il “sale” della carità. Il fare è cieco senza il sapere e il sapere è sterile senza l’amore» (Caritas in veritate, 30).
Auguro di cuore ai lettori e ancor prima a quanti, settimanalmente, fanno Famiglia Cristiana, di lasciarsi contagiare dall’audacia e dalla fantasia del Beato don Giacomo Alberione, attualizzando il suo appello alla comunicazione del Vangelo nel nuovo contesto esistenziale. Oggi come nel 1931".
Angelo Card. Bagnasco