Bambini rom, «un macigno sul cuore»

Nell'omelia per i quattro bimbi morti domenica scorsa nel rogo del campo rom, il cardinale vicario Agostino Vallini ha invitato a «guardare la realtà con gli occhi della verità».

09/02/2011
Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano con la madre dei bambini vittime del rogo nel campo rom sull'Appia Nuova, a Roma.
Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano con la madre dei bambini vittime del rogo nel campo rom sull'Appia Nuova, a Roma.

La morte di Sebastian, Patrizia, Fernando e Raul – i quattro bambini rom tragicamente scomparsi domenica scorsa a Roma nel rogo della loro baracca – «è come un macigno che ci pesa sul cuore e ci invita a un grave esame di coscienza, ciascuno per la sua parte di responsabilità». Lo ha detto il cardinale vicario Agostino Vallini, nell’omelia della veglia di preghiera nella basilica romana di Santa Maria in Trastevere, sottolineando che si è trattato di un evento «umanamente inaccettabile», poiché la loro «unica sfortuna è stata quella di essere nati poveri e immigrati».

Il cardinale Vallini ha sollecitato a «guardare la realtà con gli occhi della verità», non dimenticando che «questi fratelli valgono non per quello che possiedono ma per quello che sono: persone umane». Perciò «ancor prima di soluzioni politiche e normative, è necessaria una visione dell’uomo e della società che diventi cultura diffusa, ispirata dal rispetto per ogni uomo in quanto uomo, una cultura aperta all’accoglienza e alla solidarietà, nella legalità, per una integrazione sociale degna di una società progredita».

Di qui l’appello alle autorità «ad andare oltre l’emergenza, a operare con sapienza e pazienza per promuovere forme di integrazione sociale che permettano, a chi si trasferisce nel nostro Paese e vive legalmente, condizioni di vita alla pari di tutti gli altri cittadini, a cominciare dal diritto alla casa, alla scuola dei figli, al lavoro. È una questione di giustizia che un paese democratico non può eludere».

Ma, più in generale, occorre una presa di coscienza collettiva che «non parli più di assistenzialismo, bensì di impegno per la giustizia e la solidarietà». «Dobbiamo riparare in tanti casi alla giustizia negata», ha concluso il cardinale vicario, «promuovendo una concezione della società in cui gli immigrati non siano considerati solo una fonte di problemi, ma persone come noi titolari di diritti fondamentali».

Saverio Gaeta
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Postato da FRANCO PETRAGLIA il 10/02/2011 09:02

LA TRAGEDIA DI ROMA: INCENDIO NELL’INSEDIAMENTO DI VIA APPIA NUOVA ALTRE QUATTRO VITTIME INNOCENTI CHE L’ITALIA SI PORTA SULLA PROPRIA COSCIENZA Carissimo e stimatissimo Direttore, I quattro bambini rom morti nel rogo della loro baracca erano venuti in Italia nella speranza di dare una dimensione umana alla propria esistenza. La loro tragica fine ripropone drammaticamente il problema degli immigrati e accende non poche polemiche sugli insediamenti dei nomadi nelle città italiane. La Comunità europea sancisce, per quanto concerne la questione dei nomadi, che ci sono regole ben precise e quindi non bisogna fare altro che rispettarle e attuarle in pieno. Ed è proprio ciò che è venuto e viene a mancare in questa nostra Italia affaccendata in ben altre faccende politico-giudiziario-amorose. Le sterili e inopportune parole (geremiadi) del sindaco Alemanno, dopo la raccapricciante morte dei quattro virgulti, non fanno altro che amareggiare e offendere l’opinione pubblica italiana. La lunga scia di morti (in situazioni analoghe) dal gennaio 2005 all’agosto 2007, tra Milano e Livorno, si commenta da sé.Il mio accorato appello è diretto ai numerosi Paesi europei, Italia compresa, accusati di non adeguare la propria legislazione sulle minoranze etniche alle norme comunitarie. Si sappia che queste morti atroci peseranno sulla coscienza della nostra Italia come macigni. Per me, visto che questi “figli del vento” non li vuole nessuno, il problema dell’immigrazione –insediamenti Rom non può essere che di natura razzista-xenofoba: inammissibile odio viscerale e atteggiamento di disprezzo, intolleranza nei confronti di tanti “poveri” stranieri. Svegliamoci dal sonno profondo dell’atarassia in cui siamo precipitati. Siamo vicini a chi patisce realtà di emarginazione, di violenza, di sfruttamento, di fame. Solo così possiamo ricomporre la disarmonia instaurata dall’ingiustizia che affanna questi popoli indigenti e, obbedendo ad una esigenza della nostra coscienza, vivere fino in fondo la sublimità della nostra fede: progetto cristiano di amore e fratellanza. Ringrazio vivamente per la cortese accoglienza e porgo molti cari saluti.
Franco Petraglia – Cervinara (AV)

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