03/07/2012
La Basica della Natività, Betlemme, patrimonio dell'umanità per UNESCO.
«Il primo passo verso la pace nella regione». Così il vice sindaco di Betlemme, George Sa’ada, definisce il riconoscimento che l’UNESCO ha conferito al luogo in cui nacque Gesù. Una vittoria per la Palestina, che ha presentato la domanda solo pochi mesi fa e ha ricevuto il 29 giugno, a tempo record, la risposta positiva dell’agenzia delle Nazioni Unite.
Il voto a scrutinio segreto si è svolto a San Pietroburgo lo scorso venerdì: risultato finale di 13 favorevoli, 2 astenuti e 6 contrari. E se la risposta dell’UNESCO è giunta in meno di un anno, in realtà le procedure erano state avviate già nel 2002: «La prima richiesta ufficiale è stata presentata dieci anni fa, nel 2002 – spiega il vice sindaco Sa’ada – dopo l'assedio di 39 giorni che l’esercito israeliano pose alla Chiesa della Natività. Chiedemmo alle Nazioni Unite di proteggere un sito tanto importante a livello storico e religioso. Ma allora non ottenemmo alcuna risposta».
Procedura d’urgenza: «Salvate la Basilica». Nessuna risposta fino ad ottobre del 2011, quando l’UNESCO – unica agenzia delle Nazioni Unite a compiere un simile passo – ha riconosciuto la Palestina come Stato a tutti gli effetti. E le procedure per la tutela della Basilica sono riprese. «Il Comune di Betlemme, il Ministero del Turismo e il Palestinian Heritage Center si sono rivolti all’UNESCO alla fine di gennaio per il riconoscimento della Chiesa della Natività come patrimonio dell’umanità. Abbiamo optato per la procedura d’urgenza, prevista solo nei casi in cui l’esistenza stessa del sito sia minacciata».
Veduta del muro di separazione alto otto metri, che circonda quasi completamente Betlemme e la divide dalla città santa di Gerusalemme.
Nella richiesta presentata dall’Autorità Palestinese, infatti, si indicavano i motivi per cui l’UNESCO avrebbe dovuto intervenire con urgenza: la Chiesa necessita di immediate ristrutturazioni. «La Basilica ha bisogno di fondi – continua Sa’ada – e a causa dell’occupazione militare i nostri mezzi sono limitati. Ma ora, grazie all’agenzia ONU, arriveranno i finanziamenti necessari non solo a ristrutturare la Chiesa della Natività, ma anche la Città Vecchia di Betlemme, che rappresenta la tradizione e la cultura palestinese. Ora sappiamo che la Basilica, il luogo in cui Gesù è venuto alla luce, sarà protetta da qualsiasi tipo di minaccia».
Le critiche di Israele e Stati Uniti. Ma proprio la procedura d’urgenza seguita in questo caso dall’UNESCO ha fatto storcere il naso a Stati Uniti e Israele. Secondo il Governo israeliano una simile scelta ha un significato profondamente politico: si accuserebbe Israele e il suo esercito di costituire una seria minaccia alla città di Betlemme e al suo ruolo storico e religioso.
Da parte statunitense, la decisione dell’UNESCO è interpretata come una forzatura del processo di pace, una scelta politica: riconoscere la Chiesa della Natività come sito palestinese significherebbe bypassare il tavolo dei negoziati, unico in grado di garantire la pace nella regione.
«Non sono d’accordo – commenta il vice sindaco di Betlemme – Al contrario, questo è il primo passo verso la pace. Perché la pace si raggiunge solo dove c’è giustizia e il riconoscimento dell’UNESCO è un atto di giustizia verso tutto il popolo palestinese e tutte le comunità cristiane del mondo. Fare della Basilica della Natività uno dei patrimoni dell’umanità significa riconoscere al popolo di Palestina gli stessi diritti nazionali di cui godono gli altri popoli del mondo. È un messaggio di pace, è la migliore diplomazia che si mette al lavoro».
L'interno della Chiesa della Natività.
Perché, come spiegato dalla delegazione palestinese all’UNESCO, «il riconoscimento è la conferma dell’unicità e della ricchezza della nostra identità e tradizione». E ora si pensa già ai prossimi passi: «Continueremo a lavorare per tutelare la nostra storia e la nostra eredità culturale – spiega Sa’ada: "Presenteremo richiesta di riconoscimento anche per Hebron e Gerico. L’obiettivo è salvaguardare l’identità palestinese dalle minacce rappresentate dall’occupazione militare e dalle sue politiche. E mostrare ai milioni di turisti che ogni anno visitano la Palestina, che cos’è davvero il popolo palestinese».
Il turismo per aprire gli occhi del mondo. Dal 2002 i turisti e i pellegrini, per raggiungere uno dei patrimoni dell’umanità, devono attraversare un muro di separazione alto otto metri, che circonda quasi completamente Betlemme e la divide dalla città santa di Gerusalemme. «Dopo un tale riconoscimento, tutto il mondo aprirà gli occhi sulle condizioni di vita in cui sono costretti i palestinesi. Vedrà l’occupazione. Per questo, ritengo che la decisione dell’UNESCO sia il primo passo verso la pace: perché spingerà la comunità internazionale a fare pressioni su Israele perché accetti di riconoscere i diritti nazionali del popolo palestinese. Noi vogliamo vivere in pace, con i nostri vicini, con il resto del mondo».
Emma Mancini