09/06/2011
Alberto Torreggiani
«Non ci sono più parole. Non si sa come commentare una decisione così assurda». Alberto Torreggiani, il figlio del gioielliere ucciso dai Pac (i Proletari armati per il comunismo, uno dei tanti gruppi terroristici degli anni di piombo) di cui faceva parte Cesare Battisti e lui stesso colpito alla schiena durante la sparatoria e costretto da allora sulla sedia a rotelle, non riesce a darsi pace. La decisione della Corte suprema brasiliana di negare l’estradizione e di rimettere in libertà il terrorista italiano responsabile di quattro omicidi, dice, «lascia allibiti. Adesso è il tempo di fermarsi un attimo a ragionare per capire come muoversi. C’è bisogno di pensare a un'azione efficace perché noi vittime, e tutto il nostro Paese, possiamo ottenere giustizia».
Battisti, che ha già trascorso la sua prima notte fuori dal carcere dopo 4 anni di detenzione, era passato dalla delinquenza comune ai Proletari armati per il comunismo. L’ideologo del gruppo, Arrigo Cavallina, lo aveva accolto nell’organizzazione dopo averlo conosciuto nel carcere di Udine, dove Battisti era detenuto dopo essere stato arrestato per rapina. Sebbene l’ordinamento brasiliano vieti l’estradizione verso Paesi che prevedono la pena di morte o l’ergastolo, la decisione della Corte brasiliana non è stata presa all’unanimità e ha, anzi, suscitato ampio dibattito tra i giudici chiamati a decidere e anche nel resto del Paese. In particolare pesa il giudizio dato sull’Italia considerato uno Stato «non democratico» perché prevede pene come l’ergastolo.
C’è da ricordare però che Battisti, pur latitante, aveva nominato un suo legale di fiducia e che in tutti i processi gli era stata assicurata la massima difesa così come prevede il nostro ordinamento. Battisti, che ha materialmente partecipato all’uccisione di Antonio Santoro, maresciallo della polizia penitenziaria, del macellaio Lino Sabbadin, dell’agente della Digos Andrea Campagna e che è stato coideatore dell’assassinio del gioielliere Pierluigi Torreggiani, aveva trascorso una parte della sua latitanza in Francia. Caduta la dottrina Mitterand – che negava l’estradizione di ex terroristi – Battisti si era rifugiato in Brasile. E, a meno di un deciso intervento politico molto difficile da prevedere, per la giustizia brasiliana il caso è chiuso. Battisti è uomo libero senza aver mai sanato i conti con la giustizia italiana e con le morti che ha causato.
Annachiara Valle