23/04/2010
Il presidente della Camera Gianfranco Fini interviene alla Direzione nazionale del Popolo della Libertà-
Quello che doveva succedere, e che molti avevano previsto, è accaduto: Berlusconi e Fini si sono scontrati alla Direzione del Popolo della libertà. Ma è successo di più: non quando parlava il premier né quando rispondeva il presidente della Camera, e nemmeno nella nervosa, dura replica del Cavaliere: ma con l’intervento di Sandro Bondi, ministro della Cultura ma evidentemente il più vicino Berlusconi fra quanti, e sono molti, gli sono vicinissimi.
Erano molti anni che non si sentivano, in un’assemblea di partito, parole come quelle di Bondi, giudizi di condanna così duri con uno che è pur stato il “cofondatore” del Pdl, ed elogi così totali, così adoranti, come quelli rivolti a Berlusconi.
E’ stato l’apoteosi di una stagione, il punto più alto di una consacrazione alla leadership per un politico che una volta di più si è confermato il padrone del suo schieramento, il principe rinascimentale di tutto un popolo, mentre sul suo avversario del giorno si abbatteva una tempesta.
Gli storici diranno di che cosa sarà stato l’inizio il 22 aprile del 2010 a Roma; per ora non si può che prendere atto di un conflitto che difficilmente sarà composto come quelli che una generazione fa chiudevano i congressi democristiani.
In profondo, lo scontro Berlusconi-Fini è un evento che trascendere la democrazia come l’abbiamo intesa dal 1945 fino alla “discesa in campo” di Silvio Berlusconi nel 1994, sui modelli pur variabili ma sostanzialmente analoghi dei Paesi liberi dell’Occidente da due secoli a questa parte.
In ogni Parlamento si dibatte, si grida, ci si scontra, in ogni congresso di partito si presentano candidature e se ne avversano altre: ma la minaccia di “cacciare” uno che dissente, era inimmaginabile, fino a oggi in Italia. E pensare che Fini non ha torto: chi comanda nel centrodestra è Bossi, non Berlusconi.
Beppe Del Colle