Se lo spot dimentica l'immigrato

Se non sono invisibili, sono ancora oggetto di immagini stereotipate. Ecco come gli stranieri vengono rappresentati dalla pubblicità, in un'Italia sempre più multietnica.

03/02/2013
Ragazze italiane e straniere dirette a scuola a Brescia (Ansa). Nella foto di copertina: il bozzetto della campagna pubblicitaria sugli autobus bresciani (dal sito www.quibrescia.it).
Ragazze italiane e straniere dirette a scuola a Brescia (Ansa). Nella foto di copertina: il bozzetto della campagna pubblicitaria sugli autobus bresciani (dal sito www.quibrescia.it).

Una mano nera sulle fiancate degli autobus cittadini, come monito per i viaggiatori scrocconi: chi non si è procurato il biglietto resti a casa. La mano nera, che rappresenta i furbi (8 su 100 secondo il dato rilevato sui mezzi pubblici), è in mezzo a una serie di omini bianchi, ovvero gli utenti che viaggiano regolarmente con il biglietto. E' la nuova campagna pubblicitaria proposta - per il momento si tratta di un bozzetto - da Brescia Mobilità, l'azienda dei trasporti gestita dal Comune, per combattere l'evasione tariffaria. Un'idea che ha sollevato molte polemiche: Cgil, Pd, Sel, Cobas trasporti e Associazione diritti per tutti la considerano una sorta di nuova gogna mediatica contro lo straniero, il "nero", la persona "di colore".    

La mano nera nell'immaginario di molti evidentemente richiama il colore della pelle, nella provincia d'Italia con la più alta percentuale di presenze di immigrati. Una scelta cromatica che, dal canto suo, Brescia Mobilità giustifica affermando che la campagna è stata affidata a una società di comunicazione che non aveva alcun intento discriminatorio, ma ha seguito un semplice criterio tecnico di risalto visivo. L'azienda dei trasporti si dichiara inoltre disposta a "una ulteriore valutazione del caso e ad eventualmente modificare la bozza o a scegliere soggetti diversi tra quelli presentati". Forse il polverone non si sarebbe sollevato in un'altra città. Ma a Brescia, che ha già fatto parlare spesso di sé per discutibili provvedimenti nei riguardi degli extracomunitari, il tema immigrazione è particolarmente sensibile.  

La vicenda bresciana, comunque, offre uno spunto di riflessione. Stigmatizzazioni e luoghi comuni sono duri a morire e la pubblicità se ne fa spesso amplificatore. Basti ricordare la bufera di critiche sollevata un anno fa da una pubblicità di Trenitalia pensata per la Rete che annunciava la suddivisione dei treni Frecciarossa non più in due ma in quattro classi: per rappresentare la quarta, quella Standard, nella serie iniziale di immagini era stata scelta quella di una sorridente famiglia di viaggiatori extracomunitari. Trenitalia tolse poi quella foto dal sito, replicando comunque che anche nelle immagini delle altri classi erano state inserite figure di viaggiatori stranieri (ad esempio un uomo d'affari di colore, fra gli altri manager, per la classe Executive).

Se, da un lato, il mondo del marketing ha individuato negli immigrati un nuovo importante target di consumatori destinato a crescere in rapporto all'aumento della popolazione di origine straniera  - da qui, le pubblicità di aziende e prodotti indirizzati principalmente agli stranieri, ad esempio nel campo della telefonia e dei servizi di trasferimento di denaro -, dall'altro lato i volti degli immigrati e le famiglie multietniche sono ancora quasi invisibili come protagonisti di messaggi e campagne pubblicitarie, in Tv o sui giornali (a parte alcuni casi, come le famose campagne multirazziali di Oliviero Toscani per la Benetton e i nomi noti come quello dell'ex atleta Fiona May). Insomma, se la pubblicità esprime l'immaginario collettivo e il sentire comune, c'è ancora molto da lavorare per lasciarci alle spalle la visione stereotipata dell'immigrazione, in un'Italia che faticosamente si riconosce sempre più meticcia.

E dando uno sguardo fuori dal nostro Paese, sempre in fatto di pubblicità, c'è poi quella anti-flussi immigratori: in Gran Bretagna il Governo ha ideato uno spot (o anti-spot) da inviare in Romania e Bulgaria, dove si mostrano i lati negativi della vita nel Regno Unito, per disincentivare i cittadini di questi Paesi a emigrare. Della serie: rumeni e bulgari, dimenticate le bellezze di Londra, Hyde Park, il Big Ben, il Tamigi, e restate a casa.

Giulia Cerqueti
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