16/12/2010
Il presidente di Alleanza per l'Italia (Api) Francesco Rutell, il presidente della Camera Gianfranco Fini e il leader dell'Udc Pier Ferdinando Casini durante un convegno dei Liberaldemocratici sui 150 anni dell'Unità d'Italia.
La campagna elettorale, che si pensava ormai inevitabile per la primavera prossima, si è trasferita nelle aule parlamentari. Che bisogno c’è sudare facendo comizi per quaranta giorni, spendendo soldi per i manifesti, quando il deputato, invece che eleggerlo si può direttamente reclutare in Parlamento?
Il mercato di parlamentari, dopo l’ottimo successo conseguito dal presidente del Consiglio che si è salvato dalla sfiducia grazie al passaggio di deputati da uno schieramento, è di nuovo in pieno svolgimento. I risultati si vedranno già nei prossimi appuntamenti caldi che attendono Camera e Senato, primo fra tutti la mozione di sfiducia al ministro per i Beni Culturali Sandro Bondi, fedelissimo di Berlusconi.
L’un campo e l’altro disegnano ogni giorno strategie, non per il Paese e la crisi che sta attraversando, ma per non perdere altri pezzi come fanno Casini e Fini da un lato, o guadagnarne di altri come fanno gli uomini di Berlusconi.
Naturalmente, quando si parla di due schieramenti, ci si riferisce all’area di centrodestra essendo ormai chiaro che il Pd di Bersani non ha nessun ruolo in tutta questa partita. Come ai tempi della Dc, quando le correnti democristiane decretavano, spesso in lotta fra di loro, la fine o la nascita di un Governo; così oggi la partita si giuoca sempre entro il perimetro dei moderati, con una differenza: un tempo al Pci il Governo era precluso per motivi internazionali, oggi invece il Pd può recitare il ruolo di alternativa di Governo.
Per questo, la circostanza che Berlusconi rimane in sella, al di là del pessimo spettacolo della compravendita di parlamentari, ha una legittimità politica certificata dal fatto che non c’è un’alternativa e che lo stesso confuso rassemblement centrale del trio Casini-Rutelli-Fini, in disaccordo sulla legge elettorale, sul dopo Berlusconi e quant’altro, per ora assomiglia più a un ensemble musicale d’altri tempi che a un’alleanza politica.
Guglielmo Nardocci