28/01/2013
Premessa: in questo articolo non si faranno nomi di leader e nemmeno di comprimari. Troppo dare la colpa a questo o quello, e troppo forte il rischio di cadere in tentazione e pensare che, al netto di una certa persona, i problemi collettivi possano essere risolti.
Perché la scarsa qualità della campagna elettorale, e la vera cialtroneria di certi suoi momenti, proprio questo è: un problema collettivo. Riguarda non solo l'affidabilità della classe politica (già di per sé entità appunto collettiva) ma anche la nostra capacità di giudizio, il nostro saper esprimere una posizione autonoma, una scelta "per" e non solo "contro".
Ne stiamo sentendo di tutti i colori.
Non c'è tassa, ora che siamo a pochi passi dalle elezioni, che non possa essere abbassata o eliminata, dopo anni in cui l'imposizione fiscale (soprattutto quella sui redditi da lavoro) non ha fatto che salire. Imu, Irpef, Irap, comunque si chiami: si potrà fare, domani, ciò che era impossibile fino a ieri. E non c'è limite che non possa essere superato. Sei un estremista? Benvenuto. Sei nostalgico del fascismo o di qualche altra dittatura? Meglio ancora, i voti non puzzano, nemmeno i tuoi. Pugni chiusi tra gli irriducibili? Avanti coi carri.
Comparsate in Tv e sceneggiate di piazza, tutto fa brodo. Mi candido e non mi candido, mi ritiro ma forse torno, facciamo le primarie ma in fondo a che servono, abbasso le banche purché siano quelle degli "altri". I ristoranti sono pieni e le famiglie in miseria, gli indagati non li candidiamo (almeno, non in questa lista). E soprattutto: parole, parole, parole, da fa invidia a Mina e Alberto Lupo che in ogni caso avevano una bella voce.
Quello che dobbiamo chiederci non è più se questo o quello dicono la verità, ma se noi italiani davvero meritiamo così poco, se davvero l'idea è che basti un po' di rumore più o meno catodico per conquistare il nostro favore. Forse i nostri voti non sono in vendita, sono in regalo. Ci possono convincere così facilmente? Facciamogli vedere che non è vero. Pretendiamo di più. Come minimo, che abbiano più rispetto per la nostra capacità d'intendere e di volere.
Fulvio Scaglione