Carceri, l'Europa ci guarda

Il ministro della Giustizia fa il punto sui problemi degli istituti di pena. Risolverli prima che l'Europa applichi le sanzioni.

08/06/2013
Il ministro della Giustizia, Anna Maria Cancellieri, interviene nel carcere dell'Ucciardone (foto Ansa). In copertina i foulard realizzati dalle detenute (foto Valle)
Il ministro della Giustizia, Anna Maria Cancellieri, interviene nel carcere dell'Ucciardone (foto Ansa). In copertina i foulard realizzati dalle detenute (foto Valle)

“Entro un anno dobbiamo raccontare all’Europa cosa abbiamo fatto dei ventimila detenuti in più che ci sono nelle carceri italiane, soprattutto di quelli che sono in condizioni detentive che l’Europa considera tortura”. Il ministro della Giustizia Anna Maria Cancellieri elenca i problemi delle nostre carceri, dai tanti suicidi agli atti di autolesionismo, al sovraffollamento, all’impossibilità, in molti istituti, di organizzare veri percorsi riabilitativi. “Pensate a persone che sono costrette a stare in una cella 24 ore su 24. Pensate a quale stato d’animo, a quali sentimenti di rabbia, di frustrazione può avere. Sappiamo invece che usare la cella solo per dormire facilita il recupero delle persone e che, quando si accede al lavoro esterno, l’80 per cento di chi ne beneficia non ha recidive”.



Ma non si sofferma solo sulle cose che non vanno. “Abbiamo tanti esempi positivi, a cominciare dal carcere di Bollate a quello di Casal del Marmo che sembra quasi un college svizzero. Quello che funziona deve essere il modello che dobbiamo portare in tutta Italia”, insiste la Cancellieri. “Certo il problema è complesso e poggia su decenni di situazioni non risolte che vanno peggiorando. Ma dobbiamo subito metterci al lavoro e portare a compimento il lavoro già avviato dai miei predecessori. L’Europa non aspetta e, se non miglioriamo la situazione, quella che ci aspetta non è solo una sanzione morale”.



Da Rebibbia, le detenute le regalano un foulard con le lettere dell’alfabeto ebraico. Uno dei tanti lavori realizzati dalle allieve del Corso di decorazione pittorica del Liceo artistico statale Enzo Rossi, sezione staccata presso la casa circondariale femminile di Rebibbia. Un progetto, che va avanti ormai da anni e che ha aperto le detenute al conseguimento del diploma e all’avviamento verso un lavoro da poter svolgere anche all’esterno.



Con il sostegno anche dell’Associazione stampa romana – che ha istituito una borsa di studio per far proseguire i corsi alle allieve anche per il prossimo anno – i docenti del liceo romano si alternano all’interno del carcere per insegnare e lavorare con le detenute. “Ho ripreso a sognare dopo quattro anni”, spiega una di loro. “Questi foulard colorati sono un lavoro liberatorio”, aggiunge un’altra. I lavori del femminile di Rebibbia sono diventati anche grandi pannelli di mosaici. Due di questi pannelli, dal titolo frammenti, colorano le fermate della metropolitana di Rebibbia e di Santa Maria del soccorso, che è la fermata più vicina al liceo artistico.

Annachiara Valle
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