20/10/2012
Foo Ansa.
Quello
del 17 ottobre 2011 era stato un appuntamento a porte chiuse. Otto ore
di discussioni con 130 invitati nella sala del refettorio del convento
di Montesanto. Il cartello
di associazioni che aveva dato vita, l’estate precedente, al Manifesto
della buona politica (Cisl, Confartigianato, Confcooperative,
Coldiretti, Acli, Movimento cristiano lavoratori e Compagnia delle
Opere) aveva voluto rispondere, per suo stesso dire «all'appello
del Papa, ribadito dai vescovi italiani, per un impegno fecondo dei
cattolici rivolto al rinnovamento morale e civile della politica
nazionale».
E si erano dette disponibili, «per spirito di servizio, non
per rivendicare primazie». Obiettivo: stimolare «una
grande, generosa, generale mobilitazione delle energie civili, sociali,
imprenditoriali degli italiani che metta in moto le forze positive che
si esprimono nella società al servizio del bene comune».
Intanto
anche i vertici della Cei avevano indicato che era giunto il momento di
cambiare rotta. Il 26 settembre, nella prolusione al Consiglio
permanente, il cardinale
Angelo Bagnasco aveva stigmatizzato, pur senza nominarlo, i
comportamenti del premier Berlusconi: «I comportamenti licenziosi e le relazioni improprie», aveva detto, «sono in se stessi negativi e producono un danno
sociale a prescindere dalla loro notorietà. Ammorbano l'aria e appesantiscono il cammino comune».
«Mortifica
dover prendere atto di comportamenti non solo contrari al pubblico
decoro ma intrinsecamente tristi e vacui», aveva sottolineato il cardinale Bagnasco. «Non
è la prima volta che ci occorre di annotarlo: chiunque sceglie la
militanza politica, deve essere consapevole della misura e della
sobrietà, della disciplina e dell'onore che comporta, come anche la
nostra Costituzione ricorda».
Infine,
aveva detto il presidente della Cei, «la collettività guarda con
sgomento gli attori della scena pubblica e l'immagine
del Paese all'esterno ne viene pericolosamente fiaccata. Quando le
congiunture si rivelano oggettivamente gravi e sono rese ancor più
complicate da dinamiche e rapporti cristallizzati e insolubili, tanto da
inibire seriamente il bene generale».
Le parole dei vescovi italiani erano risuonate anche all’interno del dibattito tra le associazioni che si erano ritrovate a
Todi.
E,
pur se la relazione di Natale Forlani, portavoce del Forum, aveva
puntato più che sul deficit di politica in Italia, sugli
scenari mondiali, l’allora direttore dell’immigrazione al ministero del
Welfare non aveva potuto evitare che i convegnisti discutessero più
della situazione interna che della politica internazionale. I
giornalisti, intanto, si erano applicati al toto leader
cercando di capire chi e come avrebbe potuto sostituire l’allora
Governo in carica. In testa alle “scommesse” c’era il nome di Andrea
Riccardi, attuale ministro per la cooperazione internazionale e
l’integrazione. Il fondatore di Sant’Egidio aveva però ribattuto
che, pur essendo a disposizione del Paese non si autocandidava a nulla.
E, a chi cercava di spingere sulla formazione di un nuovo partito dei
cattolici spiegava che «all'orizzonte non c'è nessuna Cosa bianca».
Un'immagine del primo incontro svoltosi a Todi, nel referettorio del convento francescano di Montesanto, nell'ottobre 2011.
Una nuova legge elettorale per «scompaginare l'attuale bipolarismo», era stato l’auspicio di Lorenzo Ornaghi, invitato come rettore dell'Università Cattolica, e oggi ministro per i Beni e le attività culturali. Appena un mese dopo, il 16 novembre, Riccardi, Ornaghi e Corrado Passera (oggi ministro dello Sviluppo Economico e delle Infrastrutture e trasporti), al quale era spettata la relazione sulla situazione economica del Paese, entravano nel Governo Monti. Si era subito parlato dei “ministri di Todi”, anche se lo stesso Monti aveva chiarito che non aveva ricevuto pressioni dal mondo cattolico per comporre la sua compagine di Governo, ma che aveva scelto personalmente le persone di cui più si fidava. Persone che il Forum aveva già individuato come significative del mondo cattolico.
Mondo che intanto non è rimasto a guardare, ma che ha molto lavorato sulla formazione e sulla fase “prepolitica”. Sia il nuovo Manifesto del Forum, pubblicato lo scorso maggio, che le 20 sigle associative del mondo dei cattolici democratici riunite nell’iniziativa c3dem (Concilio, cittadinanza, Costituzione) spingono per tornare a una «politica di servizio nella quale i cattolici devono essere più seri, più preparati, più capaci di proporre buone leggi e più aperti a collaborare con tutti quelli che hanno a cuore il bene comune». Ed è da qui, dall’interesse del Paese, che partono i lavori di Todi2.
Annachiara Valle