06/03/2013
La disperazione di una venezuelana per la morte di Chavez (Reuters).
Scene di disperazione per le strade di Caracas, uomini e donne che piangono, si abbracciano, pregano, invocano Dio, ancora increduli, frastornati, stringendo tra le mani le foto del loro venerato "caudillo" come fossero dei santini. Bandiere a mezz'asta nell'Hospital Militar Dr. Carlos Arvelo di Caracas, dove il presidente Hugo Chávez, 58 anni, si era rifugiato nelle ultime due settimane, dopo il rientro da Cuba. E dove ieri si è spento, vinto da un cancro contro il quale aveva combattuto per due anni e che non gli ha lasciato scampo. Il Venezuela perde il suo visionario "libertador" del XXI secolo, l'ex colonnello dei parà che nel 1998 aveva preso il potere, dichiarando di voler raccogliere l'eredità di Simón Bolívar, l'eroe dell'indipendenza sudamericana che sognava di unire tutto il continente latino, e instaurare un nuovo modello di socialismo improntato sulla giustizia sociale e sulla lotta al capitalismo.
Dal 1998 Chávez non ha più lasciato il potere, passando attraverso tre contestatissime rielezioni: nel 2000, nel 2006 e, l'ultima, nel 2012. Ma il 10 gennaio scorso aveva disertato la cerimonia dell'insediamento presidenziale, chiuso in un ospedale dell'Avana, lontano dai riflettori, circondato dalla più stretta riservatezza che non lasciava trapelare notizie sulle sue condizioni di salute, lasciando il Venezuela in una situazione di incertezza e instabilità. Carismatico, narcisista, presenzialista, istrionico, contraddittorio, Chávez dominava i mezzi di comunicazione e si appellava direttamente al popolo con slogan roboanti, guadagnandosi la venerazione delle classi sociali più basse, dei ceti più poveri e ed emarginati attraverso uno stile fortemente demagogico.
Aveva creato una filosofia politica, sociale ed economica tutta sua - il chavismo - mescolando anti-imperialismo e anti-americanismo, nazionalismo e socialismo, il tutto condito da toni fortemente religiosi. Perché lui si era sempre dichiarato cattolico praticante, molto vicino alla Teologia della liberazione, salvo poi entrare in conflitto con la gerarchia ecclesiastica del suo Paese.
Chávez con le due figlie affacciato dal Palazzo Miraflores a Caracas (Reuters).
Così, il caudillo aveva creato intorno a sé un'autentica idolatria e il chavismo si era trasformato in una sorta di religione:
la gente del popolo non solo lo amava, ma lo venerava come un
salvatore. Era autoritario, Chávez, il sistema da lui creato non
assomigliava a una democrazia. Ma, come è stato osservato, non poteva
definirsi tecnicamente un dittatore, perché si era sempre curato di
agire all'interno delle leggi, o modificando queste ultime già a priori,
o legalizzando i suoi atti a posteriori.
Lotta al latifondo per colpire le classi ricche e i proprietari
terrieri, nazionalizzazione dei pozzi petroliferi, istruzione gratuita
per diminuire l'analfabetismo, sviluppo della sanità pubblica
(chiamando in Venezuela 30mila medici da Cuba): queste alcune delle
misure da lui adottate nel corso degli anni. Oltre all'uscita del
Venezuela dal Fondo monetario internazionale e dalla Banca mondiale, al
rafforzamento dei legami con l'Iran e, all'interno del Sudamerica, con
gli altri leader di sinistra, da Rafael Correa in Ecuador, a Evo Morales in Bolivia, da Cristina
Kirchner in Argentina, fino a Lula e poi Dilma Rousseff in Brasile, per
non parlare del suo grande amico cubano Fidel Castro.
Ora, il pueblo chavista vive un momento di profondo smarrimento, orfano del suo Comandante,
in attesa dei funerali che si svolgeranno venerdì 8. E mentre dal resto
del mondo arrivano i messaggi di cordoglio - dai leader latinoamericani
e da Barack Obama, da Putin -, da Roma il cardinale venezuelano Jorge Urosa Savino,
arcivescovo di Caracas (elettore al Conclave) dichiara che celebrerà
una messa solenne in memoria del presidente. Il potere, intanto, passa
nelle mani del fedele delfino e vicepresidente Nicolas Maduro.
Raccogliere l'eredità di Hugo Chávez non sarà compito facile. E il
Venezuela aspetta di vedere cosa ne sarà della Revolución bolivariana.
Giulia Cerqueti