Se l'euro va in frantumi

Non è la fine del mondo, ma sarebbe la fine di un mondo. E il mondo che verrebbe, con il ritorno alle vecchie valute, sarebbe certamente peggiore.

13/06/2012
Un supermercato giapponese offre sconti su prodotti europei "in vista del fallimento dell'euro".
Un supermercato giapponese offre sconti su prodotti europei "in vista del fallimento dell'euro".

In questi giorni di mercati assatanati come un Leviatano impazzito, l’euro viene dato già per spacciato. La stampa internazionale ha già calato il sipario. “Dead coin walking”, moneta morta che cammina, titolano i giornali. La presidente del Fondo Monetario Internazionale, donna di grande charme ad eccezione delle sue dichiarazioni -  più “tranchant” di una contadina dell’Alsazia – dice forse un po' troppo avventatamente che la moneta unica ha tre mesi di vita. L’opinione pubblica sembra essere affaccendata da altre faccende. I politici di mezza Europa (soprattutto quella del Nord) non sembrano dare importanza alla faccenda, a cominciare da Frau Merkel, che si limita a qualche dichiarazione di protocollo ma nella pratica dice "nein" a tutto ciò che potrebbe salvarla, dagli eurobond a politiche meno restrittive.

Per chi è distratto sarà bene ricordare che la fine dell’euro non è la fine del mondo, certo, ma rimane la fine di un mondo. Un mondo in cui si sta sicuramente meglio di un’Europa ritornata alla babele delle valute: scellino, marco, sterlina irlandese, peseta, franco francese e via scambiando. Le conseguenze negative vanno da quelle più banali, tipo cambiare valuta ogni volta che si va nei Paesi dell’Eurozona e dover effettuare il cambio mentalmente anche per acquistare un caffé (facendosi pelare per le commissioni) a inevitabili conseguenze inflattive, con gran danno per i meno abbienti (l’inflazione è la tassa dei poveri). Non sapremo più cosa abbiamo in tasca, se cento, duecento mila o mille lire. Ottenere un fido o un mutuo sarà difficilissimo. La svalutazione della lira rispetto al cambio di 1936,27 lire, si calcola, oscillerebbe dal 50 al 70 per cento. I capitali fuggiranno all'estero più di quanto lo stiano facendo. Metter su un'impresa in Italia non converrà più per via dell'incertezza monetaria. E non serve illudersi che la moneta debole favorirà le esportazioni, perchè questo avverrà anche con i Paesi dell’ex Eurozona, con un micidiale effetto competitivo.

All’instabilità monetaria è probabile che corrisponderà quella politica e torneremo all’epoca dei Governicchi. Insomma, abbondonare il paracadute dell'euro significa tornare negli anni '70. Anni non belli, come sa chi li ha vissuti: lo shock petrolifero, l'inflazione, le agitazioni sindacali, la disoccupazione, gli scontri sociali. Vale la pena tutto questo?  

Francesco Anfossi
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Postato da luciocroce il 14/06/2012 17:06

Caro dr. Anfossi, non sarebbe la fine del mondo, ma sarebbe comunque un danno rilevantissimo per gran parte della popolazione. Lasciando da parte i vantaggi politici ed economici che l'euro ci ha dato e ci potrebbe dare in misura ancor maggiore se si riuscirà a proseguire sulla strada di una effettiva unione europea, mi limito a sottolineare che il passaggi alla lira comporterà una pesantissima, istantanea svalutazione dell'ordine del 50/60%, secondo le stime più accreditate; questo vuol dire che stipendi e pensioni varranno immediatamente il 50/60% in meno! Molte persone che non hanno margini di risparmio perderanno, quindi, tutto quello che hanno ancora da pagare, dall'auto alla casa. Il debito pubblico, poi, molto difficilmente potrebbe essere convertito in lire - vi immaginate la miriade di cause internazionali che esploderebbero? - per cui andrebbe più o meno a raddoppiarsi: i 1.900 miliardi di debito rimarrebbero in euro e li dovremmo restituire in lire svalutate. A meno che decidiamo di non pagare tutto o parte del debito; ma, a quel punto, chi presterà più una lira o un euro allo Stato italiano? Ovviamente tutti i tassi di interesse schizzerebbero alle stelle, un po' quello che successe nel 92 quando l'uscita dallo SME scatenò una speculazione pazzesca contro l'Italia e fummo costretti ad emettere titoli di stato ventennali e trentennali - che stiamo restituendo ancora - al tasso del 12-13%. Nè è probabile che esporteremmo molto di più, perche pagheremmo molto di più, per effetto della svalutazione, le importazioni il cui prezzo, maggiorato per effetto appunto della svalutazione, andrebbe a confluire in quello dei beni che dovremmo poi esportare. Dice: ma nel medio termine forse andrà meglio; ma nel medio termine, per parafrasare Keynes, una discreta parte di noi non ci sarà più....

Postato da Libero Leo il 14/06/2012 16:06

Nel precedente mio commendo ho riportato i 10 motivi in base ai quali Anfossi ritiene opportuno rimanere nell'euro. In effetti nel complesso, considerando bene i fatti, portano acqua al mulino di chi è contrario all'euro. CZAR riporta un altro motivo molto importante per uscire dall'euro: "Solo con la rinuncia alle rispettive sovranità nazionali e con la creazione di un comune sistema fiscale, bancario e di bilancio gli stati europei potranno sperare di avere una moneta forte ed in grado di resistere alla speculazione internazionale. Ma essi lo vorranno ( lo vorremo ) veramente ? E soprattutto saremo ancora in tempo prima del crac ?" Mi sembra chiaramente negativa l'implicita risposta che egli dà a queste domande. Perciò l'euro non sembra opportuno. Tuttavia non perdo la speranza che qualcuno mi indichi qualche concreto e significativo vantaggio dell'euro. Non voglio perdere la speranza di continuare ad andare verso una Europa veramente unita.

Postato da CZAR il 14/06/2012 14:39

Devo ammettere che i 10 punti elencati da Libero Leo il 13/06/2012 h. 23.35 non sono affatto campati in aria ( non tutti, neh ). In realtà secondo me il punto vero è un altro : l'esistenza della moneta chiamata EURO non è compatibile con il persistere degli stati nazionali. Solo con la rinuncia alle rispettive sovranità nazionali e con la creazione di un comune sistema fiscale, bancario e di bilancio gli stati europei potranno sperare di avere una moneta forte ed in grado di resistere alla speculazione internazionale. Ma essi lo vorranno ( lo vorremo ) veramente ? E soprattutto saremo ancora in tempo prima del crac ?

Postato da martinporres il 14/06/2012 04:32

Riprendo:" Vale la pena tutto questo? No non vale la pena,

Postato da Libero Leo il 13/06/2012 23:35

Anfossi elenca i seguenti aspetti negativi conseguenti alla fine dell’euro ed al ritorno alla lira: 1) La “babele delle valute”, “cambiare valuta ogni volta che si va nei paesi dell’Eurozona” e “dover effettuare il cambio mentalmente anche per acquistare un caffè.”. E’ uno dei vantaggi che citava spesso Prodi. Per la maggior parte degli italiani non esiste questo vantaggio dell’euro perché non viaggia all’estero. E per chi viaggia è un problema trascurabile. 2) “Conseguenze inflattive con gran danno per i meno abbienti (l’inflazione è la tassa dei poveri)”. Non mi sembra vera questa affermazione perché l’inflazione colpisce i consumi e, quindi, colpisce chi consuma di più. Normalmente consuma di più un ricco. Quindi per chi vuole colpire i ricchi l’inflazione è un effetto positivo. 3) “Non sapremo più cosa abbiamo in tasca, se cento, duecento mila o mille lire”. Grandissimo effetto negativo che non merita alcuna considerazione!!! 4) “Ottenere un fido o un mutuo sarà difficilissimo”. Perché ora è semplice? Era molto più semplice con la lira. 5) “La svalutazione della lira rispetto al cambio di 1936,27 lire, si calcola, oscillerebbe dal 50 al 70 per cento”. Questa è teoria. Comunque all’inizio la svalutazione sarebbe elevata perché da molti anni non possiamo più svalutare. Il motore economico italiano viaggia ad una velocità inferiore a quello tedesco. Per renderlo competitivo, purtroppo, all’inizio è necessaria una grande svalutazione. Se non ci fosse stato l’euro ed il cambio fosse stato libero, avremmo avuto una graduale inflazione, quasi non ce ne saremmo accordi e saremmo rimasti competitivi con la Germania. La grande inflazione sarebbe conseguenza dell’euro che ci ha impedito per molti anni di svalutare la nostra moneta e riacquistare competitività. 6) “I capitali fuggiranno all'estero più di quanto lo stiano facendo”. Ed adesso che fanno? Una volta stabilizzato il cambio della lira non avranno più motivo di fuggire. 7) “Metter su un'impresa in Italia non converrà più per via dell'incertezza monetaria”. Ed adesso conviene? Non c’è incertezza? Ogni giorno si viene a conoscenza di imprenditori che chiudono e vanno all’estero. Con la lira svalutata e fluttuante ciò si verificherà in minor misura. 8) “E non serve illudersi che la moneta debole favorirà le esportazioni, perchè questo avverrà anche con i Paesi dell’ex Eurozona, con un micidiale effetto competitivo”. Non tutte le monete dell’eurozona si svaluteranno in egual misura. In particolare il marco non si svaluterà; perciò le esportazioni verso la Germania (il maggior mercato europeo) saranno favorite. 9) “All’instabilità monetaria è probabile che corrisponderà quella politica e torneremo all’epoca dei Governicchi.”. Ed ora come sono i governi? I “governicchi” non dipendono molto dall’euro, ma dalla costituzione italiana e dai conservatori che si oppongono ad una sua sostanziale revisione, più che necessaria dopo tanti anni e dopo aver constatato che ha prodotto tanti “governicchi”. 10) “Abbondonare il paracadute dell'euro significa tornare negli anni '70. Anni non belli, come sa chi li ha vissuti: lo shock petrolifero, l'inflazione, le agitazioni sindacali, la disoccupazione, gli scontri sociali”. A questi fatti aggiungerei anche la madre di tutti gli scandali socio-economici: le pensioni baby. Più che un paracadute l’euro è stato una prigione che ci ha impedito di svalutare gradualmente la moneta, rimanere competitivi ed evitare la grave disoccupazione che sta aumentando consideravolmente negli ultimi mesi; e non si vendono motivi per i quali debba diminuire. Stiamo percorrendo la stessa strada della Grecia e della Spagna. In conclusione i vantaggi indicati da Anfossi non mi sembrano affatto vantaggi. Anzi mi porterebbero a pensare che convenga il ritorno alla lira, se non avessi la speranza che qualcuno mi indichi vantaggi veri e molto significativi conseguenti alla permanenza nell’euro.

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