25/11/2010
La protesta dei cristiani copti al Cairo.
Le provocazioni della Cina, che pretende di nominare vescovi contro il Papa e la Santa Sede. La violenza in Egitto, a pochi giorni dalle elezioni politiche, dove i cristiani copti sono costretti a scendere in strada (a rischio della vita, e infatti c'è stato un morto) per ottenere la costruzione di una chiesa già autorizzata e poi bloccata. Il caso della giovane madre pakistana Asia Bibi, condannata a morte
dopo essere stata accusata di blasfemia da un gruppo di colleghe e da un
imam. La cronaca ha riportato d’attualità il dramma delle persecuzioni religiose.
Non v’è dubbio che i cristiani siano, oggi, il gruppo più preso
di mira. E’ stato calcolato che tre casi su quattro di
discriminazione o persecuzione religiosa avvengono nel mondo ai loro
danni. E che sono almeno 60 i Paesi in cui essere cristiano comporta
danni e rischi, spesso quello di perdere la vita. Ma la discriminazione a
causa della propria fede è intensa quasi in ogni angolo del pianeta.
Dal nostro osservatorio occidentale stentiamo a comprendere le
dimensioni del fenomeno che, invece, riguarda la stragrande maggioranza
della popolazione mondiale. Il quadro più completo ce lo ha fornito il Pew
Research Center con la ricerca intitolata Global Restrictions on Religion. Un primo dato, per
confermare l’affermazione di cui sopra: i Paesi che limitano
“fortemente” o “molto fortemente” la libertà di religione sono il 32%
del totale ma contengono il 70% della popolazione mondiale.
Tale limitazione può avere diverse radici. Può derivare da
provvedimenti dei Governi e dei regimi oppure da una ostilità sociale
della maggioranza nei confronti della minoranza. Non mancano casi in cui
i due elementi colpiscono alleati, portando il Paese in questione in
cima alla graduatoria dell’intolleranza. E’ quel che succede, per
esempio, ad Arabia Saudita, Iran e Pakistan, prima,
secondo e tredicesimo per restrizioni imposte dai Governo ma molto ben
piazzati anche nelle manifestazioni di ostilità sociale verso le
religioni “altre” da quella dominante. In questo girone il
Pakistan si classifica addirittura terzo (l’Arabia Saudita
undicesima e l’Iran ventesimo). E la Cina? E’ in alto per la politica
intollerante del Governo, a sua volta moderata da una certa tolleranza
della popolazione.
L’Iraq è il caso opposto. Politica relativamente
illuminata del Governo ma un livello di contrasto sociale (giudicato dal
Pew Research Center il più alto al mondo) che rende, come
sappiamo, la situazione micidiale per le minoranze, in particolare per
quella cristiana.
Sono molti i modi in cui un Governo nazionale o locale può limitare
la libertà di religione. Ce n’è per tutti i gusti, dalle
registrazioni obbligatorie al divieto di fare propaganda religiosa, dai
privilegi negati a quelli concessi a senso unico. Nel
civilissimo Canada, per esempio, 6 delle 10 province offrono una qualche
forma di finanziamento alle scuole religiose, ma in Ontario i fondi ci
sono solo per le scuole cattoliche. Ma questo è zucchero rispetto ad
altri dati: in 91 Paesi, ha scoperto il Pew
Research Center, sono regolarmente praticate da ufficiali
governativi forme di intimidazione fisica violenta ai danni di
singoli fedeli o gruppi religiosi. Succede. Due millenni dopo la venuta
di Cristo e due secoli dopo la Rivoluzione francese, succede ancora.
Fulvio Scaglione