Europa: bistecca clonata? Perché no?

Il Parlamento europeo chiede la messa al bando degli alimenti da animali clonati, il Consiglio rifiuta. La posizione dell'Italia, la lobby dei Paesi nordici.

30/03/2011
Una sessione del Parlamento europeo.
Una sessione del Parlamento europeo.

Negli Stati Uniti la bistecca clonata è ammessa, i consumatori europei invece non la vogliono e così il Parlamento europeo, che ha dato battaglia la notte scorsa proponendo delle modifiche alla legislazione sui nuovi alimenti (novel food) che il Consiglio non ha accettato.  «È molto frustrante il rifiuto del Consiglio di ascoltare le preoccupazioni dei cittadini e sostenere misure, urgenti e necessarie, per proteggere i consumatori e il benessere degli animali», dice Gianni Pittella, presidente della Delegazione del Parlamento Europeo: «Il Parlamento, a grandissima maggioranza, ha chiesto una messa al bando degli alimenti derivanti da animali clonati e dalla loro discendenza. Abbiamo fatto il massimo sforzo per arrivare a un compromesso, ma non abbiamo intenzione di sacrificare il diritto dei consumatori di sapere se il proprio cibo deriva da animali clonati. Poiché l'opinione pubblica europea è a stragrande maggioranza contraria alla clonazione per fini di alimentazione, l'etichettatura di tutti i cibi derivati da animali clonati è il minimo che si possa fare».

 

     Il Consiglio, invece, è pronto a sostenere solo una proposta di etichettatura per un unico tipo di prodotto, la carne fresca, ma giustamente il Parlamento vuole regolamentare la questione nella sua complessità ed esercitare, ad esempio, il suo diritto di veto nel caso di nuovi cibi aggiunti alla lista dei nuovi alimenti. L'incapacità del Consiglio di accettare il compromesso si traduce anche nella bocciatura di altre importanti modifiche previste dal pacchetto: continuerà a mancare, per esempio, una regola specifica sull'uso dei nanomateriali nei prodotti alimentari.

 

     Bisognerà attendere anche sul divieto della clonazione come tecnica riproduttiva a fini di produzione alimentare, sul quale c'è ampio accordo: provoca infatti sofferenze negli animali clonati, che hanno alti tassi di mortalità. «Le misure che riguardano la prole degli animali clonati sono assolutamente indispensabili, poiché i cloni hanno un valore commerciale solo per l'allevamento, non per la produzione alimentare. Nessun agricoltore spenderebbe, infatti, 100.000 euro per un toro clonato, solo per farne  hamburger», spiega la relatrice per il Parlamento sulla legislazione sui nuovi alimenti Kartika Liotard.

     La clonazione nasconde infatti la volontà di avviare una “produzione industriale” di animali che hanno subito una modifica genetica per produrre più carne, o più latte, o più lana o altro. Non offre infatti vantaggi con le specie tradizionali, mentre è la sola maniera per conservare inalterati, nella discendenza, dei caratteri genetici artificialmente introdotti: è dunque necessaria per animali geneticamente modificati.

 

     Per il momento la legislazione sui nuovi alimenti adottata nel 1997 resta in vigore. Nonostante una maggioranza di Paesi (compresa l’Italia) favorevole a una severa regolamentazione, i Paesi contrari (Gran Bretagna, Paesi nordici, Olanda, Estonia, più la Germania e la Spagna con posizioni più sfumate) hanno formato una minoranza di blocco che ha impedito di arrivare alla maggioranza qualificata richiesta.

 

Ian Wilmut con la pecora Dolly.
Ian Wilmut con la pecora Dolly.

     Le reazioni dei consumatori

 

     Secondo uno studio dell'Eurobarometro del 2008 c'è un forte scetticismo sugli effetti a lungo termine della clonazione (sottolineato dall'84% degli europei), mentre solo il 9% accetta incondizionatamente la clonazione a scopi alimentari e il 28% la accetta solo a determinate condizioni. Che l'industria alimentare più di ogni altra possa trarre benefici dalla clonazione animale, lo sostiene l'86% degli europei. Più di otto su dieci (83%) in ogni caso affermano la necessità di un'etichettatura speciale se quei cibi dovessero finire sugli scaffali dei negozi alimentari.

 

     Ma abbiamo già carne e latte da animali clonati? Probabilmente sì, ma non possiamo saperlo. Per la Coldiretti, infatti, il mancato accordo tra Parlamento e Consiglio Europeo significa che continueremo a importare carne bovina dai partner mondiali senza controlli: «Spetta adesso alla Commissione prevedere regole chiare che vietino tali prodotti nell’Ue e stabiliscano norme chiare e trasparenti di etichettatura».

  

     «La clonazione costituisce un ulteriore danno per la sovranità alimentare dei popoli e per la loro sicurezza alimentare, messa a repentaglio sia per la qualità  - è sempre stato riconosciuto, anche da Ian Wilmut, creatore di Dolly, che gli animali clonati hanno problemi di salute - sia per la disponibilità, a causa della riduzione della biodiversità, ovvero del numero di specie utilizzate», spiega Fabrizia Pratesi de Ferrariis, coordinatrice del Comitato Scientifico Equivita: «I cittadini europei devono prendere coscienza del danno provocato loro dalla privatizzazione della materia vivente che l'Epo (Ufficio europeo brevetti) autorizza anche per piante e animali riprodotti con metodi convenzionali. È giunta l'ora di opporsi al controllo privato della produzione mondiale del cibo che passa anche attraverso la clonazione riproduttiva degli animali. Ma la prossima sarà sicuramente quella umana, la più ambita in assoluto!».

 

Gabriele Salari
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