07/09/2011
L’ambito della fragilità, che fu protagonista nel Convegno ecclesiale di Verona 2005, è stato al centro delle riflessioni anche del Congresso eucaristico di Ancona, sotto il titolo «Eucaristia: presenza di misericordia».
A dare il via ai lavori è stato don Vinicio Albanesi, che ha messo in luce quanto «le opere di carità siano in qualche modo continuazione dell’azione miracolosa di Dio, nel senso che prolungano la sua presenza salvatrice: se il miracolo è evento eccezionale, l’azione caritativa ne è la continuità quotidiana».
Perciò «l’opera misericordiosa della Chiesa non deriva principalmente dalla sensibilità umana, ma è parte integrante dell’azione di Cristo».
Ciò che è in gioco nella malattia e nella fragilità, ha riflettuto don Maurizio Chiodi, «è la decisione della fede come affidamento incondizionato, nella quale l’uomo accoglie il dono della salvezza». La fragilità «coinvolge le più varie e molteplici forme degli affetti» e non c’è da turbarsi se «comporta anche il sentimento dello smarrimento e della confusione».
Ai docenti universitari Ivo Lizzola e Maria Grazia Marciani il compito di guardare al significato della sofferenza in particolare all’interno della relazione medico-paziente, vista come «l’incontro di una fiducia (quella del paziente) con una coscienza (quella del medico)». In questo rapporto «va ricercata quella risposta alla sofferenza che è la com-passione cioè l’esperienza di prossimità all’altro, vissuta nel rispetto della sua alterità e della sua dignità».
Nell’appuntamento di Osimo, don Giuseppe Busani, direttore dell’Ufficio liturgico nazionale, ha posto in risalto che la liturgia «in particolare davanti al dolore, alla fragilità e alla debolezza, non si preoccupa in primo luogo di presentare nuove e più approfondite illustrazioni del senso, ma di offrire un’esperienza che dia volto a una forma di vita diversa, a un altro modo di vivere il dolore e la malattia. La liturgia, infatti, non intende limitarsi agli appelli e alle esortazioni, ma intende collocare le persone in un clima che permetta loro di fare esperienza del senso intravisto e annunciato».
E, in ideale dialogo da Loreto, la professoressa Paola Bignardi, già presidente dell’Azione cattolica, ha testimoniato la personale esperienza di malattia: «Ho sempre rifiutato di pensare che il Signore mi volesse bene perché mi faceva soffrire; ho capito giorno dopo giorno, dentro la convinzione dell’assurdo del dolore, che il Signore mi voleva bene perché aveva accettato di condividere un dolore nel quale c’era anche il mio». E ha concluso: «L’impotenza in cui mi sono trovata mi ha fatto capire l’immensità divina dell’amore che l’Eucaristia racchiude e mi ha aiutata a capire che ciò che genera vita è solo l’amore».
Saverio Gaeta