10/10/2011
Altre decine di morti al Cairo, nel quartiere Shubra e nell'area davanti alla sede della televisione di Stato. La dinamica degli incidenti è ormai chiara: il corteo con migliaia di cristiani copti, organizzato per protestare contro la distruzione di una chiesa ad Assuan e per chiedere le dimissioni di Mostafa al Sayed, governatore della regione, è stato attaccato da gruppi di teppisti, baltageya (il nome dato in Egitto alla piccola criminalità ritenuta al soldo della controrivoluzione) ed estremisti islamici. Il focolaio di guerriglia urbana è stato poi a sua volta attaccato dalla polizia e dai militari.
I manifestanti chiedevano anche le dimissioni del maresciallo Hussein al Tantawi, capo del Consiglio supremo della Difesa che regge il Paese e che i cristiani copti giudicano troppo "debole" nel far rispettare i loro diritti da parte della maggioranza musulmana. Che la tensione religiosa sia in forte aumento, purtroppo, è ormai certo. Sono troppi, ormai, gli incidenti a sfondo religioso che hanno insanguinato l'Egitto. In gennaio fu attaccata a colpi di bombe una chiesa ad Alessandria. In marzo ci furono 13 morti negli scontri tra copti e musulmani al Cairo, nella piazza Tahrir. In maggio morirono 12 copti in chiese di nuovo colpite con bombe. A nulla sembrano servire i gesti di distensione: anche ieri, a pochi chilometri dagli scontri, si svolgeva una manifestazione congiunta di cristiani e musulmani per chiedere concordia e reciproca tolleranza.
Resta da stabilire se si tratti di incapacità o di malafede. Il Consiglio supremo della Difesa, e il Governo provvisorio che ne è emanazione, sembrano oggettivamente intenzionati a difendere l'uguaglianza di fronte alla legge di tutti i cittadini egiziani. L'ultimo segnale è arrivato a proposito della legge, che risale all'impero ottomano, che impone ai cristiani di chiedere il permesso dello Stato (oltre alle normali licenze edilizie) per costruire le loro chiese, obbligo che non è imposto alle moschee.
E' vero, però, che le provocazioni ai danni dei copti si susseguono e che il potere centrale sembra incapace di arginarle.Questo sarebbe il caso, appunto, dell'incapacità. L'eventuale malafede sta, invece, nell'accusa che da parte copta sempre più spesso si leva contro il Consiglio. Quella, cioè, di aver stretto un patto con i Fratelli Musulmani per far svolgere le elezioni legislative in una data precoce, il 28 novembre, in modo da favorirli.
I Fratelli Musulmani, infatti, sono una forza da lungo tempo organizzata anche politicamente, e quindi già in grado di affrontare una sfida elettorale. Molti sospettano che i militari, pur di mantenere il potere e le leve del sistema economico, lascerebbero mano libera alla fratellanza per ciò che riguarda l'educazione e le regole sulla libertà di culto.
A fronte di tutto questo, i movimenti che sono stati alla base della rivolta che portò alla cacciata di Mubarak , laici o religiosi, sono divisi tra loro e tuttora incapaci di esprimere una forza debitamente unitaria e organizzata. E' anche vero, però, che dai giorni dei primi disordini sono passati undici mesi, dieci dalla fuga di Mubarak e manca ancora più di un mese alle elezioni. Nel frattempo è stata varata, con un referendum, una riforma della Costituzione. Il tempo per organizzare una formazione politica adeguata, insomma, non è mancato. Nè ai copti, che probabilmente nemmeno desiderano un partito a sfondo confessionale, né agli altri.
Fulvio Scaglione