La crisi? Come in una guerra

L'ultimo rapporto del Centro studi di Confindustria evoca una drammatica immagine: "I danni fin qui provocati sono quelli simili a un conflitto. Colpite le parti vitali del Paese"

28/06/2012
Il presidente di Confindustria Giorgio Squinzi.
Il presidente di Confindustria Giorgio Squinzi.

Immaginate l’Italia in guerra. Una strana guerra. Un conflitto che non fa vittime, ma solo danni. Con un nemico invisibile, che dispone di una flotta immmensa di bombardieri. Le bombe sono ad altissima tecnologia: distruggono ogni cosa, in particolare i gangli economici del Paese, ma risparmiano le vite umane. Ogni giorno stormi di bombardieri attraversano i cieli italiani, come avveniva durante la Seconda Guerra Mondiale. Non bombardano le città, ma  riversano il loro carico devastante sulle migliori imprese, le migliori infrastrutture, quei servizi ritenuti cruciali per l'Azienda Italia.

Un bollettino di guerra annuncia i danni permanenti, tra effetti diretti e indiretti. Ecco che viene rasa al suolo una fabbrica di componenti industriali. Ed ecco che domani una superstrada si chiude all’improvviso. Ed ecco, il giorno dopo, venir giù un intero centro di servizi. Niente vittime. Solo disoccupati e quindi privazioni, difficoltà economiche, infelicità, depressione, drammi familiari. I giovani non ci sono, sono assenti, è come se fossero partiti per la strana guerra, anche se stanno in mezzo a noi. Ma se ne stanno socialmente immobili, in preda alla rassegnazione, alla precarietà, all’immobilismo. Questo scenario è quello che stiamo vivendo oggi. Lo ha delineato, sulla base degli utlimi dati macroeconomici, il Centro studi di Confindustria. Un’immagine forte ma efficace per farci capire la situazione. “Non siamo in guerra”, spiega il rapporto del Centro studi, “ma i danni economici fin qui provocati dalla crisi sono equivalenti a quelli di un conflitto. E a essere colpite sono state le parti più vitali e preziose del sistema Italia: l’industria manifatturiera e le giovani generazioni”.

Ma il Centro studi va oltre. Dice espressamente che questa guerra va combattuta, anzi, la stiamo combattendo: “L’aumento e il livello dei debiti pubblici sono analoghi, in quasi tutte le democrazie avanzate, a quelli che si sono presentati al termine degli scontri bellici mondiali. Una sorta di guerra c’è stata ed è tuttora in corso, ed è combattuta dentro l’Europa e dentro l’Italia”. A scatenarla, questo conflitto, “sono stati errori recenti e mali antichi. Gli errori recenti sono stati inanellati nella gestione dell’eurocrisi”. Ed ecco l'ultimo "bollettino". La recessione italiana già si è dimostrata più grave del previsto. Per il 2012 l’economia calerà del 2,4 per cento contro il l’1,6 per cento indicato qualche mese fa. Analoga è la differenza nello scenario per il 2013: da + 0,6 a - 0,3 per cento.

“Siamo nell'abisso”, dice il direttore del Centro studi, Luca Paolazzi che, tuttavia, prevede “un rientro dell'eurocrisi entro la primavera”. Non aiuta certo la pressione fiscale che, depurata dal sommerso, “schizzerà al 54,6 per cento” nel 2013. Le entrate fiscali sono "in forte accelerazione", +5,2% quest'anno, per poi rallentare al +2,6% nel 2013. A preoccupare Viale dell’Astronomia è, soprattutto, il forte derioramento del mercato del lavoro: nel 2012 l’occupazione calerà dell’1,4 per cento (-1 per cento già acquisito al primo trimestre) e dello 0,5 per cento nel 2013. Solo sul finire dell’anno prossimo le variazioni congiunturali torneranno positive e, al netto della Cig, il 2013 si chiuderà con 1 milione e 482 mila posti di lavoro in meno rispetto al 2008 (-5,9 per cento).

La disoccupazione, osserva il Centro studi, prosegue la corsa osservata negli ultimi mesi con il tasso che raggiungerà il 10,9 per cento a fine 2012 e il 12,4 per cento a fine 2013.  Questa guerra ci impoverirà tutti, o quasi. “A sei anni dall'inizio della crisi, nel 2013 l'Italia si troverà con un livello di benessere, misurato in Pil pro-capite, del 10 per cento inferiore alla media 2007”. Con un notevole impatto sui consumi: “Quelli delle famiglie diminuiscono nettamente (-2,8%), conseguenza della fiducia al minimo storico, dell'ulteriore riduzione del reddito reale disponibile, della restrizione dei prestiti e dell’aumento del risparmio precauzionale”.  La guerra continuerà. Ma possiamo ancora vincerla. 

Francesco Anfossi
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Postato da Libero Leo il 28/06/2012 20:14

Interessante l'analisi di DOR1955. Aggiungerei che vengono "bruciati" molti miliardi di euro più dei 300, se si considera la grandissima evasione dal lavoro. Quanti posti di lavoro ben protetti e sicuri dove non si lavora e non produce quasi nulla! Quanti posti di lavoro dove si timbra il cartellino e poi si evade il lavoro! Quanto grande è la pretesa del diritto al posto di lavoro e quanto poco è rispettato il dovere del lavoro! Altra considerazione. Probabilmente è vero che il 10% della popolazione detiene il 70% della ricchezza. Ma probabilmente è altrettanto vero che il 10% fa il 70% del lavoro.

Postato da DOR1955 il 28/06/2012 16:14

Egregio Dr. Anfossi: concordo. La crisi che stiamo vivendo è come "una guerra" che purtroppo continuerà ancora a lungo e, come dice lei alla fine del suo articolo, possiamo ancora vincerla. Di certo non potremo vincerla se a comandare "l'esercito Italia" saranno quegli stessi politicanti di basso livello che ci hanno portato in questa situazione. E per politicanti di basso livello includo tutti quelli che, direttamente o indirettamente, negli ultimi 30 anni hanno (s)governato questo Paese. Inclusi sindacati-confindustria-conf......-banche-burocrati-privilegiati e quanti, in qualche modo, hanno e gestiscono il bene pubblico. E non è assolutamente vero il fatto che "l'attacco" viene solo dall'esterno: se così fosse anche altri Paesi (Germania in primis) dovrebbero trovarsi nella nostra stessa situazione. Il problema vero è che da tempo, troppo tempo, in Italia manca (se mai c'è stata) una classe politica il cui scopo principale fosse quello di fare il bene del Paese. Quando sappiamo che fra evasione-corruzione-burocrazia-privilegi-sprechi e altro vanno "bruciati" (anzi, vanno in tasca di pochi) circa 250-300 miliardi di Euro all'anno è inutile cercare fantomatici nemici fuori dai confini italiani; i principali nemici dell'Italia sono una parte degli italiani stessi. Quegli italiani che da soli, circa il 10% della popolazione, detiene, fra "bianco e nero" oltre il 70% del patrimonio mobiliare e immobiliare del Paese. E allora, come in una vera guerra, come hanno fatto i nostri padri e nonni, penso che l'unica soluzione sia una "lotta partigiana" che spazzi via, questa volta in maniera sì definitiva, tutto il marciume che ancora resta della prima-seconda e non si sa se terza Repubblica. Avremo noi italiani di oggi gli "attributi" per poterlo fare? Perchè solo dalle macerie può nascere un qualcosa di diverso. E come sostengo da tempo, se non lo facciamo adesso non ci sarà più tempo per farlo. Attendere ancora sarà come una lunga agonia che, oltre alla distruzione economica del Paese, potrebbe, e questo è molto più difficile da ricostruire, portare alla disgregazione morale e sociale del Paese. E i Cristiani, quelli vari (non i sedicenti cattolici), dovrebbero ben saperlo e uniti portare avanti le giuste "battaglie" in nome della vera Democrazia e equità sociale. Non l'equità di "super-mario-fmi" che va a mendicare aiuto, con il cappello in mano, dalla Merkel. Contro gli interessi del mio Paese, che amo e vorrei continuare a viverci, se fossi la Merkel a Monti (e ai greci-spagnoli-portoghesi-ciprioti) dare un bel calcio nelle parti anatomiche posteriori del corpo umano e gli direi una sola cosa: "Io vi aiuto ma voi fate pulizia". Sarà impossibile!

Postato da Libero Leo il 28/06/2012 16:01

Anfossi si dimostra un po’ sorpreso nel commentare l’attuale situazione economica. Ma quando Monti tornò dal primo incontro col la Merkel e disse che doveva fare i “compitini”, si poteva già immaginare che cosa stesse per iniziare. Quando poi i primi provvedimenti furono presi, si capì che imboccavamo la spirale di recessione in cui già era la Grecia. Prima di Monti i maggiori media attribuivano la colpa della crisi economica solo il governo italiano. Il governo Monti ha involontariamente aperto gli occhi (forse li volevano tenere chiusi per interesse politico) ai molti che ora cominciano a vedere che l’origine ed il perdurare della crisi non è causato solo dall’Italia. E forse la causa principale è la modalità con cui è stato fatto l’euro. Nel breve termine non rimane che sperare di convincere la Germania a modificare le regole dell’euro. Occorre grande capacità di trattativa, che Monti finora non ha dimostrato e che non ha nel suo curriculum. Comunque, speriamo che ci sorprenda dimostrandola. Dovrebbe far capire alla Merkel che siamo persino disposti a rinunciare all’euro, piuttosto che rimanerne intrappolati. Forse possono aiutarlo le varie voci che finalmente si fanno sentire in questo senso. Nel lungo termine penso che non ci sia grande speranza, perché l’euro ci toglie lo strumento che in passato ci servì per risollevare la nostra competitività e riassestare l’occupazione. D’altra parte è una illusione pensare che gli italiani diventino produttivi come i tedeschi, anche perché probabilmente non lo vogliono per una vecchia cultura, che in altri paesi è ormai superata. Perciò in campo economico saremo sempre più sottosviluppati rispetto alla Germania. E’ un’illusione anche pensare che gli stati europei più ricchi dimostrino grande solidarietà verso i paesi sfavoriti dall’euro. La solidarietà non si ottiene con l’euro. Prima sono necessari altri provvedimenti: lingua comune, politica economica e fiscale uguale, giustizia e welfare più uniforme, cultura del lavoro simile, ecc.. In definitiva, con l’euro si è messo il carro davanti ai buoi.

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