17/04/2011
Il presidente Raúl Castro all'apertura del Congresso del Partito comunista cubano.
Il sistema socialista non si mette in discussione. Ma l'economia pianificata dovrà aprirsi alla decentralizzazione, con una maggiore partecipazione delle imprese. In altre parole, meno impegno diretto dello Stato nell'economia, più apertura al mercato. A Cuba si volta pagina. Almeno nelle intenzioni. Nel suo discorso di apertura del sesto Congresso del Partito comunista cubano, il 79enne presidente Raúl Castro - che ha preso il posto del fratello Fidel nel 2006 - ha proposto una serie di cambiamenti significativi. A partire dall'economia: in un Paese in cui, ha spiegato Castro, quasi 300mila cubani ormai sono lavoratori autonomi - commercianti, bottegai, titolari di piccole imprese - è necessario che le decisioni economiche vengano prese direttamente dalle imprese, in modo tale che lo Stato - secondo la visione del presidente - possa dedicarsi più ampiamente ad altri settori della vita nazionale, dalla sanità all'istruzione fino alla cultura.
Altra riforma proposta, che non ha precedenti nella storia cubana: il limite di tempo da imporre agli incarichi di Governo e all'interno del Partito comunista, che dovranno arrivare al massimo a dieci anni (due periodi di cinque anni). Più spazio, inoltre, dovrà essere riservato a donne, giovani, neri e meticci all'interno del partito, oltre a lavorare per uno svecchiamento della classe dirigente. Ma gli oppositori del regime giudicano «ironica» la proposta di limitare i mandati a dieci anni, quando gli attuali dirigenti hanno già governato per cinquant'anni. La riforma insomma è positiva per la democratizzazione del parrtito, è il commento del dissidente Oscar Espinosa Chepe, ma ciò di cui i cubani hanno bisogno è la democratizzazione della società e l'apertura al pluralismo dei partiti.
La nuova visione economico-sociale disegnata da Raúl Castro punta in modo particolare sul ripensamento del sistema delle tessere di razionamento, un'istituzione della società cubana, una sorta di carta d'identità: entrato in vigore quasi cinquant'anni fa questo sistema, caposaldo dell'economia pianificata, prevede che alcuni prodotti di prima necessità, come riso, uova, caffè, carne, siano distruibuiti mensilmente ai cittadini con dei sussidi statali. Di fatto, già da tempo il regime cubano ha messo mano al tesseramento cominciando gradualmente a ridimensionarlo: l'economia cubana ormai non è più in grado di far fronte a un onere finanziario del genere e cerca di tamponare le spese eccessive ponendo dei limiti ai prodotti venduti in regime di razionamento. Nel 2009 erano stati tagliati patate e piselli, a settembre 2010 è toccato ai famosi sigari cubani a essere tolti dalla tessera. Due generazioni di cubani hanno vissuto tutta la loro vita sotto «il nocivo carattere egualitario» delle tessere di razionamento, ha spiegato il presidente. Il sistema del mercato razionato, ha chiarito, non sarà eliminato, ma sarà riequilibrato con una riorganizzazione dell'economia e con altre forme di sostegno a chi è meno abbiente.
Molte riforme in vista, almeno a parole. Ma resta da vedere se e quanto il sistema socialista cubano possa cambiare davvero. Sull'isola, in pochi si fanno illusioni. Il Congresso del Partito comunista cubano si è aperto il 16 aprile con una grande parata militare per celebrare il cinquantesimo anniversario della Baia dei porci, il tentativo fallito di un gruppo di esuli di invadere l'isola per destituire Fidel Castro, ma il Líder Maximo è stato il grande assente. Il Congresso del partito non si teneva da 14 anni. E molto probabilmente questo sarà l'ultimo per la generazione dei dirigenti che più di mezzo secolo fa ha fatto la rivoluzione. Di fatto, Fidel Castro prima e suo fratello Raúl poi in questi anni non hanno mai lavorato per preparare la successione. E adesso, al di là delle riforme annunciate, i cubani si domandano chi dopo i fratelli Castro riserva loro il futuro.
Giulia Cerqueti