Del Piero, il signore della Signora

Per Del Piero, vincitore di tutto in vent'anni di Juventus, un addio annunciato ma gestito con signorilità. Mai una polemica e i tifosi tutti dalla sua parte.

20/04/2012
Alessandro Del Piero in allenamento (foto del servizio: Ansa).
Alessandro Del Piero in allenamento (foto del servizio: Ansa).

Domenica sera la Juventus ospita la Roma e gioca per lo scudetto (un punto sul Milan) e per l’accesso matematico alla Champions League (preliminari in caso di terzo posto ormai sicuro al 99%, subito il torneo in caso di secondo conseguibilissimo posto).

Questi traguardi, unito a quello di conservare l’imbattibilità e di puntare anche, il 20 maggio a Roma, alla Coppa Italia contro il Napoli, rischiano di venire emotivamente dimensionati, nel cuore e nella testa del tifoso bianconero che ha ritrovato orgoglio antico e speranze nuove, dal caso dell’attaccante Alessandro Del Piero, (Conegliano, 9 novembre 1974, il Padova e dal 1993 la Juventus: sempre e solo e tanto la Juventus).

Gianni Agnelli lo definì “un Pinturicchio”, tutti disciplinatamente sorrisero, nessuno capì bene il perché del soprannome, contrapposto al Raffaello per Baggio. Poi lo stesso Agnelli passò al Godot, per dire di Del Piero che lo aspettavano sempre campionissimo e non arrivava mai (proprio da Aspettando Godot di Becket), mentre Platini definiva se stesso e Baggio autorizzati a essere dei sacrali “numero 10”, e per Del Piero diceva “un 9 e mezzo”.

Bene, se contro la Roma ad un certo punto il signor Pinturicchio-Godot-Nove e mezzo entrerà in campo, lo stadio lo coprirà di applausi preventivi. Se segnerà un gol, magari decisivo, e srotolerà la lingua al mondo, come da ultima iconografia, lo stadio esploderà per lui, e con applausi, grida, cori, anche imprecazioni il popolo bianconero chiederà che lui rimanga alla Juventus.  Il suo impegno scade il 30 giugno 2012 (stipendio ridotti: un milione l’anno più bonus che potrebbero raddoppiare, e non solo, la cifra).

Il 18 novembre 2011 il presidente della Juventus Andrea Agnelli nell’assemblea annuale degli azionisti del club annunciò che il contratto con Del Piero, in scadenza sei mesi dopo, non sarebbe stato rinnovato. Nessuno aveva chiesto niente in proposito, e sin lì non si era andati al di là di generiche ipotesi classiche per ogni carriera di mostro sacro, tipo Del Piero in campo ancora per un anno, Del Piero presto dietro una scrivania come dirigente juventino…

Le ipotesi più variegate, allora: Del Piero a dare ancora calci ad un pallone in Giappone, Paese di tanto suo business e impegno umanitario, negli Stati Uniti dove gli hanno operato i legamenti del ginocchio (1998: e otto mesi di convalescenza, guarigione perfetta, il fisico tiene ancora, seppure non per tutti i 90’ di una partita), in Arabia o Russia o Cina semplicemente a far quattrini. In Italia no, neanche parlare di giocare contro la Juve. Casomai in B nel Padova della sua “infanzia”. 

L’annuncio di Andrea Agnelli sorprese quasi tutti. Non Del Piero, che ha aspettato sei mesi esatti prima di lasciarsi andare, in un’intervista ovviamente rumorosa, a un blando “sono rimasto stupito”. C’è stata pure una fioritura di frasi generiche, più o meno ufficiali: per ora si pensi al campionato, lui e l’allenatore Conte sono ex compagni di squadra e grandi amici e non ci sono problemi di utilizzazione o meno, i 38 anni pesano, l’età ha le sue leggi… Lui sempre disciplinato: in panchina, in tribuna, ogni tanto in campo. Con quella maledetta/benedetta abitudine di segnare gol importanti. Al punto che il commissario tecnico azzurro Prandelli ha lasciato intendere che potrebbe anche portarselo ai prossimi campionati europei. 

L’annuncio di Agnelli è stato improvvido, chirurgico senza anestesia, volutamente irreversibile, lo riconoscono quasi tutti. Non lui, il presidente, che dice di avere scelto quel modo inconsueto per sacralizzare ancora di più, con la solennità di quell’annuncio in quella sede, l’unione sentimentale fra il giocatore e il club. Ci sarà una festa d’addio?  Si parlerà ancora molto di Del Piero: forse da qui all’eternità. Qualcuno lo vede revanchista al Milan. Qualcuno a dettar calcio speciale nel Paris Saint Germain allenato da Ancelotti che fu suo mister con la Juve: Parigi è vicina a Torino dove Del Piero ha moglie e tre figli, un fratello che gli manda avanti affari assortiti e che è pure il suo manager, tante belle amicizie fra cui quella con la sua fan preferita, Luciana Littizzetto. 

Sicuramente è accaduto qualcosa che noi non sappiamo, che pochissimi sanno, che nessuno dice. A chi sostiene che Del Piero ha dato molto alla Juventus non del tutto riconoscente, viene fatto notare che la Juventus gli ha dato almeno cento milioni di euro, mentre la pubblicità condivisa dal club gli  ha fatto raddoppiare gli introiti annuali. Gli innumeri primati di uno che ha vinto tutto, sino al titolo mondiale, si sono riverberati anche nei successi, nella fortune del club. Lui comunque tra i divi del pallone, gli straricchi, i cocchi belli, gli emiri del calcio che crea ricchezze come il petrolio, è il più serio, il meno divo, sa stare al mondo, è educato, non dribbla le cause nobili. Ha tutto per diventare un grande ex, diciamo un dirigente che sa anche vestirsi di modestia.

Poteva, nei sei mesi fra  l’annuncio e il suo “sono stupito” sfruttare la tifoseria sempre più con lui, imporsi in campo, rendere la vita difficile al club, che nella sua dirigenza e soprattutto presidenza non ha mai lasciato intendere di poter cambiare idea rispetto al commiato superannunciato. Invece lui – quasi vent’anni in bianconero, tutti i successi, tutti i primati, polemiche e scandali e attriti zero  - è stato sempre un gran signore. A cui mancherà la Signora. E viceversa.

Gian Paolo Ormezzano
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