04/06/2012
La regina Elisabetta di Inghelterra, 86 anni (foto Getty).
Non si può dire che Elisabetta II d’Inghilterra
sia cresciuta ignorando il
proprio futuro o sentendosi libera
di sceglierlo. Quando aveva dieci anni,
nel 1936, contro le previsioni alla nascita
suo padre divenne re con il nome di Giorgio
VI, perché il fratello maggiore Edoardo VIII
aveva preferito l’amore per la pluridivorziata
Wallis Simpson alla corona britannica, che
aveva cinto per soli 325 giorni.
Così Elizabeth detta Lilibeth, ancora bambina
seppe che un giorno sarebbe stata regina,
e la sua educazione fu impostata in vista
di quel giorno. Ora che è arrivata alla veneranda
età di 86 anni, con immutato senso
del dovere Elisabetta II si prepara insieme
con i suoi sudditi alla non stop di festeggiamenti
per i 60 anni di regno a partire dal 2
giugno, per quel Giubileo di Diamante che solo
la regina Vittoria riuscì a celebrare prima
di lei in tutta la storia dei sovrani inglesi. Non
ha mai rilasciato un’intervista in vita sua, ma
una delle poche frasi che le vengono attribuite
con sicurezza è: «Io non faccio un mestiere da cui ci si può dimettere». Tenuto conto che
la madre è morta a 101 anni, potremmo vedere
ancora a lungo Elisabetta a capo della più
importante e gloriosa monarchia d’Europa.
Elisabetta passa in rassegna i granatieri della Guardia in alta uniforme, nel castello di Windsor (Ansa).
Gli inglesi non si sono stancati degli oltre sessant’anni sotto il regno di “Her Majesty”: la regina fu incoronata ufficialmente il 2 giugno 1953, ma era entrata nei suoi poteri il 6 febbraio 1952, subito dopo la morte del padre.
Aveva 25 anni, era già sposata e madre di due figli. Oggi i sondaggi dicono che l’80 per cento dei sudditi la approva: «Gode di grande affetto popolare», sottolinea Enrica Roddolo, giornalista e scrittrice che conosce profondamente le monarchie europee. A Elisabetta II e ai Windsor sono dedicati buona parte dei suoi libri più recenti: Dio salvi le regine (Tea) e il prossimo Invito a corte (Vallardi). Aggiunge: «Il merito è delle qualità di questa donna all’apparenza minuta e delicata, ma in realtà dotata di un carattere d’acciaio, probabilmente temprato negli anni della Londra post bellica. Elisabetta II è stata un esempio di dedizione al proprio lavoro di sovrana: un senso del dovere che ha conquistato nel tempo la fiducia degli inglesi. È stata anche una paladina della britannicità in un’epoca spesso dimentica dei grandi valori della tradizione e della storia».
Due sono stati i momenti più bassi nella popolarità della monarchia. Il 1992, che la stessa Elisabetta definì «annus horribilis» per la separazione tra l’erede al trono Carlo e la moglie Diana e per l’incendio all’amato castello di Windsor. E il 1997, dopo la terribile morte di Diana nell’incidente sotto il ponte dell’Alma a Parigi. L’iniziale freddezza della regina contrapposta al cordoglio di un popolo intero le stava costando moltissimo in termini di affetto popolare.
Elisabetta con uno dei suoi famigerati cappellini (foto Corbis).
Entrambe le volte la sovrana ha saputo
recuperare. Le polemiche per le ingenti spese
necessarie al restauro del castello di Windsor,
la spinsero l’anno successivo a un accordo
fiscale in base al quale, da quel momento
in poi, avrebbe pagato le tasse. E gli accorti consigli di Tony Blair nel ’97 fecero sì che
esponesse a Buckingham Palace la bandiera
a mezz’asta in segno di lutto per Diana e chinasse
brevemente il capo al passaggio del
suo feretro.
Insieme al discorso regale ma
sufficientemente commosso che aveva dedicato
alla ex nuora, così poco compatibile con
lei da viva, furono gesti simbolici che la riavvicinarono
alla gente.
Se sono in buona parte simbolici i poteri
di una sovrana che regna ma non governa,
svolgerli con competenza e dignità è sempre
stato per Elisabetta II un lavoro a tempo pieno.
È regina non solo della Gran Bretagna
ma dell’intero Commonwealth, che comprende
anche Paesi importanti come Canada,
Nuova Zelanda e Australia. È capo delle Forze
armate e della Chiesa anglicana, e chi la conosce
bene assicura che la sua fede è autentica
e profonda. In sessant’anni di regno ha visto
passare 12 Primi ministri, ha accompagnato
il suo Paese nel declino post imperiale,
ha retto le rotture familiari di tre figli su quattro
e ha bilanciato con il suo aplomb le gaffe
del marito Filippo di Edimburgo. Benché
sempre i bene informati assicurino che Elisabetta
possiede in proprio un grande senso
dell’umorismo.
Che cosa le è stato rimproverato, soprattutto?
I cappellini, e un’esteriore freddezza
di sentimenti. Precisa Enrica Roddolo:
«Quando si pensa a questa apparente freddezza,
non bisogna mai dimenticare che è
cresciuta in tempo di guerra, abituata alle
asprezze di quei frangenti. Ed è stata educata
a un distacco oggi forse incomprensibile, ma
allora ineludibile per una figlia di re. Non
avrà fatto sognare le platee del mondo, ma
Elisabetta è troppo intimamente e tradizionalmente
inglese per aver mai pensato di
conquistare la gente a colpi di copertine. Voleva
meritarsi il titolo di regina, e il rispetto e
la stima che la circondano dimostrano che ce
l’ha fatta».
Rosanna Biffi