01/06/2011
Il governatore della Banca d'Italia Mario Draghi e la moglie al ricevimento del Quirinale per la festa della Repubblica.
Mario Draghi, nelle sue "Considerazioni finali", le ultime del suo mandato di governatore della Banca d'Italia, ha fatto un riferimento diretto al suo predecessore Luigi Einaudi e alle sue famose "Prediche inutili", come aveva intitolato una raccolta di suoi scritti. L'allora governatore di Bankitalia della Ricostruzione nonché futuro presidente della Repubblica aveva deciso di chiamare così i suoi ammonimenti inascoltati alla classe politica del tempo. A rileggerlo, quel libretto, sembra scritto ieri. Einaudi non si stancava di insistere sulle norme del buon governo, dall'economia alla scuola, alla pubblica amministrazione, alla legislazione sociale (quello che chiamiamo oggi Welfare e famiglia). Questo economista scomodo amava ripetere che per deliberare occorre conoscere la realtà nella quale si opera attraverso una visione non viziata da tendenziosità o schemi preconcetti.
E a ben vedere anche le "Considerazioni finali" dei governatori che si sono succeduti in Via Nazionale sono state spesso prediche inutili alla classe politica fin dai tempi del Dopoguerra. Altrimenti oggi non avremmo un debito pubblico del 120 per cento rispetto al Pil. Il che non ha impedito che ogni governatore le reiterasse, quasi ritualmente, come un grillo parlante ostinato, ogni 31 maggio, in una dialettica che dà l'impressione di essere destinata ad andare avanti fino alla fine della storia, in un gioco delle parti e nel rispetto delle parti. Il 31 maggio scorso è stata la volta (l'ultima) di Mario Draghi.
Pur avendo già le valigie pronte per Berlino, dove salirà al 34esimo piano dell'Eurotower, sede della Banca centrale europea, per sostitire Jean-Claude Trichet, Draghi non ha rinunciato a indicare la via del risanamento del Paese. Una via molto stretta, che passa per il riassetto dei conti pubblici. Unica strada per evitare il rischio (remoto, ma pur sempre presente e soprattutto paradigmatico) che si faccia la fine della Grecia, che ha già iniziato a vendere in saldo alcuni pezzi dello Stato.
La situazione da noi non è così drammatica, anche il declino non è ineluttabile, ha spiegato il governatore, nonostante l'Italia sia sostanzialmente in stallo da dieci anni. Quel che serve però è un maggiore virtuosismo nei conti pubblici dell'apparato statale, a tutti livelli, giù giù fino all'ultimo ente locale, anche perché dobbiamo riportare in pareggio il bilancio entro il 2014. Urge una manovra, parola terribile, che nella maggior parte dei casi significa lacrime, sudore e sangue. Ma Draghi non vuole che si mettano ulteriormente le mani nelle tasche degli italiani. Il nostro Paese ha una pressione fiscale oramai oltre il limite di guardia e il problema semmai è abbassare le tasse, soprattutto per quanto riguarda le imprese che creano lavoro. La manovra dovrà partre da una revisione dei conti dei vari bilanci pubblici, in tutte le sue estensioni, per procedere poi ai tagli. Tagli draconiani ma non uniformi, da attuare a seconda delle priorità e delle situazioni. La seconda fase della ripresa riguarda gli investimenti in infrastrutture che aiutino l'economia a crescere e la riforma indifferibile del sistema scolastico e universitario, ormai sceso di livello rispetto al resto d'Europa.
Draghi guarda ai giovani, al nostro futuro. Un futuro molto incerto, opaco, inquietante, se si pensa che la disoccupazione di chi ha dai 19 ai 30 anni è altissima, e che il debito pubblico rischia di gravare come un'ipoteca sull'avvenire dei nostri figli. Ora si tratta di capire se il ministro Tremonti, verso il quale Draghi ha avuto parole di elogio per come ha sostanzialmente messo in sicurezza i conti pubblici, risponderà alla "predica" del governatore. Sarebbe il primo e meriterebbe un monumento in Via Nazionale, se lo facesse. Come si vede in questi giorni, i dissidi tra il ministro dell'economia e il premier, che vorrebbe che si aprissero maggiormente i cordoni della borsa a fini politici, andando in senso esattamente opposto da quello perorato da Bankitalia, sono davanti agli occhi di tutti. Un braccio di ferro, quello tra Berlusconi e Tremonti, per nulla irrilevante e certamente cruciale per l'avvenire del nostro Paese. Vedremo dall'andamento della politica economica del governo se si tratta ancora una volta di "prediche inutili"
Francesco Anfossi