25/05/2011
Letizia Moratti e Giuliano Pisapia: si confronteranno per la poltrona di sindaco di Milano nel ballottaggio di domenica 29 e lunedì 30 maggio.
Il clima politicamente molto caldo che ha caratterizzato
le due settimane precedenti il
ballottaggio per l’elezione di parecchi sindaci,
soprattutto quelli di Milano e di Napoli,
ha rivelato un aspetto finora inedito: l’arroganza
delle forme, fino al ridicolo delle sostanze.
Sull’arroganza delle forme, più precisamente
nelle (finte) interviste del presidente
Berlusconi trasmesse quasi in contemporanea
sui tre canali televisivi privati (i suoi) e
sui due pubblici sotto il controllo del Governo
(Tg1 e Tg2), molto è stato detto e scritto e
con l’intervento dell’Autorità competente, e
qui non c’é nulla da aggiungere.
Sulla sostanza che ha sfiorato in diverse
occasioni il ridicolo per la totale irrilevanza
politico-costituzionale di alcune prese di posizione
di Berlusconi e di Bossi, vale la pena
di riflettere. Il premier ha denunciato in toni
accorati il rischio che, se vincesse a Milano il
candidato dell’opposizione Pisapia, in vantaggio
al primo turno, la metropoli lombarda diventerebbe
preda di zingari, rom, drogati, immigrati,
musulmani, centri sociali, sinistra
estrema: una vera “Stalingrado italiana”. Su
un sito di area cattolica è apparsa per l’avvocato
Pisapia l’accusa di “Anticristo”.
Con questi atteggiamenti si negano decenni
di storia civile di Milano, una città socialmente
aperta e generosa sia sul piano
pubblico sia su quello religioso cattolico, governata
a lungo da sindaci socialisti con l’appoggio
del Pci. Durante un’intervista corale
in Tv all’allora presidente del Consiglio Craxi,
gli domandammo come giustificasse che
il suo Psi governasse a Roma con la Dc e a Milano
con il Pci, ed egli ci rispose: «Non mi occupo
di beghe locali».
Resta il fatto che Milano non rischia nulla
di terribile, anzi può darsi che si realizzi, nel
caso che vinca Pisapia, qualcosa di quanto
propone da anni la Chiesa ambrosiana, operando
attraverso la sua Caritas entro i limiti
delle sue possibilità e competenze, in difesa
degli ultimi arrivati, in particolare proprio
quei rom così trasformati in incubo.
E che dire della proposta leghista di spostare
alcuni ministeri da Roma a Milano,
con Berlusconi che rispondendo impacciato
allude ad analoghe iniziative per il Sud, provocando
l’immediata reazione del sindaco di
Roma e della parte non padana del Pdl? Su
questa idea, come sulla legislazione riguardante
gli immigrati, le moschee, il controllo
dei consumi di droga, e così via, la competenza
legislativa non spetta agli enti locali, ma
al Parlamento, e dunque non ha senso discuterne
in occasioni che presentano ben altre
questioni di interesse generale immediato.
Ma se la polemica elettorale resta ferma
all’anticomunismo, al taglio delle tasse (promesso
da 17 anni), fino all’assurdo della cancellazione
delle multe stradali, anche se domenica
vincesse la Moratti quale riforma si
potrebbe attendere per una politica così desolante
come quella di oggi in Italia?
Beppe Del Colle