Vittime di mafia, quanta indifferenza

Il Governo Berlusconi ha tagliato i fondi per le vittime della mafia, dell’usura e del racket. Parla Vito Lo Monaco, presidente del Centro studi Pio La Torre.

14/11/2011
Vito Lo Monaco, presidente del Centro studi Pio La Torre, intitolato al celebre segretario del Pci siciliano ucciso dalla mafia nel 1982.
Vito Lo Monaco, presidente del Centro studi Pio La Torre, intitolato al celebre segretario del Pci siciliano ucciso dalla mafia nel 1982.

Il Governo Berlusconi ha tagliato i fondi per le vittime della mafia, dell’usura e del racket, nell’indifferenza generale. Nei giorni in cui i principali mass media erano distratti dalla crisi di governo, pochi si sono accorti di una notizia che ha gelato i familiari delle vittime e ha scatenato la rabbia delle associazioni antimafia contro uno degli ultimi atti della maggioranza di centrodestra. Il ddl di stabilità, infatti, ha ridotto notevolmente (di ben 10 milioni di euro) il “Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso, delle richieste estorsive e dell’usura”.

Come scritto nella relazione tecnica, richiamata dall’agenzia Adnkronos, lo stanziamento scenderà dagli oltre 12 milioni inizialmente previsti per il 2012 a poco più di 2 milioni di euro. Intervistato da Famigliacristiana.it, Vito Lo Monaco, presidente del Centro studi Pio La Torre (intitolato al celebre segretario del Pci siciliano, ucciso dalla mafia nel 1982) non usa mezzi termini: «È l’ultimo paradosso di un Governo che si vanta di essere il più antimafioso della storia italiana, ma che, in realtà, attraverso alcuni provvedimenti, ha di fatto indebolito la lotta contro Cosa Nostra». Lo Monaco non ha dubbi e si rivolge al Parlamento e ai futuri governi: «Il Fondo per le vittime della mafia andrebbe potenziato, piuttosto che ridotto; la confisca dei patrimoni mafiosi andrebbe estesa anche alla corruzione; i beni confiscati andrebbero riutilizzati per fini sociali e destinati alla collettività (la vendita ai privati, invece, comporta il rischio che i beni tornino nelle mani dei padrini); infine, occorre istituire un’Agenzia unica per le confische».

Vigili del fuoco al lavoro dopo la strage di via Georgifoli, a Firenze, dove nella notte fra il 26 e il 27 maggio 1993 fu fatta esplodere un'auto imbottita di esplosivo, nei pressi della storica Torre dei Pulci, tra gli Uffizi e l'Arno, sede dell'Accademia dei Georgofili.
Vigili del fuoco al lavoro dopo la strage di via Georgifoli, a Firenze, dove nella notte fra il 26 e il 27 maggio 1993 fu fatta esplodere un'auto imbottita di esplosivo, nei pressi della storica Torre dei Pulci, tra gli Uffizi e l'Arno, sede dell'Accademia dei Georgofili.


Sul piede di guerra si trova pure l’Associazione Familiari delle Vittime della Strage di Georgofili, guidata da Giovanna Maggiani Chelli: «Siamo fortemente preoccupati da una situazione che sta precipitando sul fronte del contrasto alla criminalità organizzata. Come si fa a ridurre ulteriormente il Fondo per le vittime della mafia? Infatti, quando è stato il tempo di far fronte alle nostre cause civili, abbiamo dovuto intraprendere una vera battaglia contro percentuali di pagamento che ci mettevano in seria difficoltà economica. Inoltre, gli stessi commissari liquidatori avevano problemi di coscienza, in quanto dovevano liquidare cifre irrilevanti». Durissimo anche il giudizio di Giorgio Bongiovanni, direttore del periodico Antimafia Duemila: «Non sono un familiare di una vittima della mafia, ma voglio lo stesso esprimere ancora una volta la mia rabbia e il mio sconcerto contro le decisioni dello Stato italiano. Non è solo una questione di tagli e di riduzioni economiche. È anche e soprattutto una questione di segnali e di messaggi che i mafiosi sanno leggere meglio di chiunque altro».

Ma in cosa consiste il Fondo di Rotazione? Attraverso tale prezioso strumento, introdotto nel 1999 e potenziato nel 2008, lo Stato sostiene le vittime dei reati mafiosi, del racket e dell’usura, garantendo il risarcimento dei danni liquidati alle parti civili dopo le sentenze di condanna. Il Fondo è alimentato da un contributo annuale dello Stato, da somme derivanti dalla vendita dei beni confiscati e da una quota del contributo devoluto sui premi assicurativi. Il presupposto per accedere al fondo è rappresentato dalla costituzione di parte civile delle persone fisiche o degli Enti destinatari di sentenze emesse, successivamente al 30 settembre del 1982, a carico di imputati per i reati di mafia o di favoreggiamento. Le sentenze possono essere di condanna definitiva al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali, oppure di condanna non definitiva al pagamento di una provvisionale, o, infine, di condanna per il risarcimento delle spese e degli onorari per la costituzione di parte civile e per la difesa.

Pietro Scaglione
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