15/05/2011
L'albergo di Times Square, a New York, dove lavora la cameriera che ha denunciato il direttore generale del Fondo Monetario Internazionale per violenza sessuale.
In attesa che le autorità giudiziari di New York appurino se l’attuale direttore generale del Fondo Monetario Internazionale sia o no un violentatore, qualche considerazione politica ed economica sulla scena mondiale si può già fare.
Primo: Dominique Strauss-Khan esce definitivamente dalla scena, non solo come capo dell’organizzazione monetaria, ma anche come principale candidato dell’opposizione a Sarkozy nella corsa all’Eliseo.
Secondo: il Fondo Monetario Internazionale, questa gigantesca istituzione finanziaria nata con i celeberrimi accordi di Bretton Woods (cui partecipò, con una certa influenza, anche John Maynard Keynes, divenendone a posteriori il protagonista assoluto) ne risentirà inevitabilmente sul piano dell’immagine, anche se per fatti che nulla hanno a che vedere con la sua politica finanziaria.
Bretton Woods, la conferenza che ripristinava il “gold standard” e fissava cambi fissi agganciati al dollaro a sua volta agganciato all’oro, doveva evitare per sempre crisi devastanti come quella del ’29. In particolare il Fondo Monetario doveva occuparsi di economia monetara e la Banca Mondiale di ricostruzione e sviluppo.
In realtà oggi l’Fmi si occupa più di concedere prestiti agli Stati membri in caso di squilibrio nella bilancia dei pagamenti (la differenza tra import ed export) e di gravi dissesto finanziario.
Come funziona? In modo apparentemente semplice. Il Fondo è un’organizzazione di 186 Paesi che dal Dopoguerra (1946) concede i mega-prestiti in cambio di un piano di aggiustamento strutturale (che di solito comporta lacrime e sangue, a cominciare dai dipendenti pubblici, con un taglio delle spese correnti, una svalutazione della moneta, una revisione dei bilanci). E qui arrivano le critiche. I piani sono basati su una convinzione liberista, molto americana, che sarà il mercato a garantire i prestiti e favorire i rientri.
Tra i principali prestiti concessi quello al Brasile nel 1998 (42 miliardi di dollari) e al’Argentina (22 miliardi). Il Fondo ha contribuito anche al finanziamento del governo greco dopo l’esplosione della crisi, in accordo con l’Unione europea e la Banca centrale europea. Ma il Fondo è ampiamente criticato non soltanto per aver attribuito ai mercati virtù quasi taumaturgiche.
I movimenti non global e importanti Nobel (come Joseph Stiglitz) lo accusano di essere sostanzialmente al servizio di potentati economici americani, di effettuare le politiche finanziarie in maniera poco trasparente e di peggiorare le condizioni dei Paesi del Sud del Mondo, facendo sostanzialmente gli interessi dell’Occidente ricco e industrializzato (il sistema di voto privilegia il Nord del mondo). A giudicare dalla ripresa del Brasile negli ultimi anni queste critiche non sono per nulla dimostrate.
Francesco Anfossi