30/06/2012
Mario Balotelli dopo la vittoria contro l'Irlanda (Ansa).
Ci volevano due splendidi gol di Mario Balotelli per accorgerci che viviamo in un'Italia multietnica, dove quasi un milione di giovani di origine straniera vive, studia, lavora, progetta il suo avvenire? L'Italia di Balotelli non è una prospettiva futura: è già qui, presente nella nostra quotidianità. Eppure, servivano i piedi e la genialità di un giocatore nero come l'ebano che parla con spiccato accento bresciano per risvegliarci, guardarci intorno e scoprire i tanti Balotelli che, nelle nostre città, sognano magari di segnare anche loro per la Nazionale italiana, ma anche di diventare valenti manager, imprenditori, politici, docenti, liberi professionisti.
«Sì, anche questi gol servono», commenta Otto Bitjoka, "afro-lombardo" originario del Camerun in Italia da oltre 30 anni, presidente della Fondazione Ethnoland di Milano, che promuove l'interculturalità e l'inclusione degli immigrati, «in passato c'è stata, ad esempio, Fiona May campionessa di salto in lungo, ma nessuno sport come il calcio ha il potere di muovere la coscienza collettiva del Paese. Balotelli è un simbolo anche perché incarna una storia molto complessa: all'età di due anni è stato dato in affido a una famiglia bresciana, ma i suoi genitori naturali, ghanesi, sono ancora fortemente presenti nella sua vita. Balotelli è nato in Italia e si sente italiano, ma non si è mai distaccato dalla sua origine». Inoltre, ha affrontato le stesse difficoltà e lo stesso percorso di tutti i ragazzi figli di immigrati: ha ottenuto la cittadinanza italiana a 18 anni, come la legge attuale, basata sullo ius sanguinis, richiede.
«Il 5% degli studenti nelle università italiane oggi sono di origine
straniera», osserva ancora Bitjoka. «Penso che Balotelli, dopo la vittoria con la Germania, avrebbe potuto cogliere questa occasione per rilasciare una dichiarazione sul tema della cittadinanza, lanciare un messaggio. Ha dedicato i gol a sua madre, magari avrebbe anche potuto dedicarli ai ragazzi della seconda generazione, ai figli degli immigrati come lui. Ma non l'ha fatto perché è ancora un ragazzo». Lui non ha lanciato messaggi "politici", ma gli altri lo stanno facendo per lui. «Adesso il momento è molto caldo», aggiunge Bitjoka, «sicuramente il calcio sta influendo sul dibattito politico. Se Balotelli dovesse segnare di nuovo nella finale con la Spagna, molto probabilmente la nuova legge sulla cittadinanza non tarderà ad arrivare».
La riforma della legge è ormai irrinunciabile. Non avere la cittadinanza italiana anche se si è nati in questo Paese influisce fortemente sul percorso di vita dei giovani figli di immigrati, ad esempio sulla scelta della scuola superiore: secondo la ricerca "Le seconde generazioni tra mondo della formazione e mondo del
lavoro" promossa da Rete G2 Seconde Generazioni in collaborazione con altre associazioni, i figli degli stranieri si iscrivono in massa agli istituti tecnici e professionali, anche se alle scuole medie hanno ottenuto ottimi risultati e anche se non hanno alcun problema con la lingua italiana. In molti casi, la condizione di italiani con permesso di soggiorno favorisce la scelta percorsi scolastici orientati subito alla ricerca del lavoro, piuttosto che all'iscrizione all'università.
I figli degli stranieri oggi rappresentano il 7,5% della popolazione studentesca in Italia. Un processo continuo e inarrestabile: mentre ammiriamo i gol dell'italianissimo Balotelli, sui banchi delle scuole italiane, silenziosamente, sta già crescendo la terza generazione, quella dei figli dei figli degli immigrati.
Giulia Cerqueti