Gheddafi, da tiranno a ricercato

La Corte penale internazionale ha emesso un mandato d'arresto contro il Rais per "crimini contro l'umanità". Il lato oscuro di una guerra arrivata troppo tardi.

28/06/2011
Il volantino lanciato sulla Libia da uno dei nostri velivoli militari.
Il volantino lanciato sulla Libia da uno dei nostri velivoli militari.

Il mandato d'arresto che la Corte penale internazionale dell'Aja ha spiccato contro il colonnello Gheddafi, suo figlio Saif e suo genero Senoussi, è lo sbocco logico della missione militare che per primi Usa, Francia e Gran Bretagna hanno avviato contro di lui. Se bisognava - allora - correre in soccorso della popolazione civile, è ovvio presumere - oggi - che Gheddafi abbia commesso "crimini contro l'umanità". Una decisione che arriva comunque in ritardo: dopo 100 giorni di guerra ma soprattutto dopo  43 anni di dittatura spietata, troppo facilmente dimenticata negli ultimi tempi dagli stessi che oggi lo braccano.

      Il mandato priva Gheddafi della possibilità di partecipare a qualunque, eventuale trattativa di pace e, di fatto, mette un sigillo legale alla sua estromissione dal potere. Ora resta l'aspetto pratico: vincere la guerra e cacciarlo oppure, come già si vocifera, eliminarlo con bombardamenti mirati o con incursioni a terra di speciali commandos.

     La decisione dell'Aja, comunque, non fuga i dubbi sulla legittimità della missione internazionale, né quelli sulla sua conduzione. Il 14 giugno abbiamo pubblicato un dossier sulla guerra in Libia, intitolato: Libia, e se fosse tutto falso?,  che ha fatto il giro del Web e ha scatenato una ridda di reazioni. Molti si sono irritati di fronte a un modo un po' provocatorio di affrontare domande che provocatorie non sono: perché a Gheddafi si fa la guerra e al siriano Assad no? Perché si fa la guerra a Gheddafi proprio adesso, dopo 40 anni di dittatura spietata? E come sta andando questa guerra? Perché Gheddafi non sembra ancora sconfitto?

   

     Un rapporto d'eccezione

     Domande che non sono solo nostre, né sono patrimonio di frange pacifiste isolate. Al contrario. Ecco un esempio super-ufficiale e super-professionale: il rapporto intitolato Libye: un avenir incertain (Libia, un futuro incerto) redatto dal Centre international de recherche et d’etudes sur le terrorisme diretto da Eric Denécé.

Kufra (Libia): un video esclusivo dell'Ansa documenta le violenze dei ribelli libici su un gruppo di immigrati.
Kufra (Libia): un video esclusivo dell'Ansa documenta le violenze dei ribelli libici su un gruppo di immigrati.

      Pubblicato il 30 maggio 2011, il Rapporto ha redattori d’eccezione: Sayda Ben Habilès (Algeria, ex ministro della Solidarietà), Roumiana Ougartchinska (francese, giornalista investigativa), Yves Bonnet (Francia, ex prefetto, ex deputato e soprattutto ex direttore dei Servizi di controspionaggio), Dirk Borgers (Belgio, esperto dell’Africa del Nord), Eric Denécé e André Le Maignen (Francia, vice direttore del Centre). Teniamo presente che questo Rapporto era indirizzato al presidente Sarkozy, cioè all’uomo che più di chiunque altro ha voluto la guerra contro Gheddafi. Ma i relatori, che hanno lavorato sul campo, dicon che c'è un sacco di buone ragioni per farsi venire qualche dubbio.


     Le caratteristiche della rivolta (pagina 7): “La rivoluzione libica non è né democratica né spontanea… il movimento libico non può essere accostato alle rivolte popolari tunisina ed egiziana… L’intervento occidentale creerà più problemi di quanti ne risolva… La coalizione riuscirà forse a eliminare il regime libico. Ma l’Occidente dovrà stare attento a che non sia rimpiazzato da un regime ancor più radicale e altrettanto autocratico”.


     Sui famosi “mercenari” di Gheddafi (pagina 14): “Molte cose sono state scritte sui “mercenari” arruolati nelle forze di sicurezza libiche, ma poche sono esatte… Le informazioni che arrivano dalle forze ribelli che denunciano queste presenze straniere sono vaghe e devono essere prese con cautela… Il numero reale dei combattenti stranieri è difficile da valutare. Le cifre che circolano sono gonfiate (fino a 6 mila, secondo certe fonti) e sembra che vengano deliberatamente confusi i libici di origine straniera e i volontari arrivati da altri Paesi”.


     Il ruolo dei media nel creare il casus belli (pagina 16): “Lo stesso errore viene deliberatamente commesso quando i media arabi e occidentali affermano che il regime ha sparato sulla popolazione. La nostra missione si è recata sul posto e non ha trovato nulla di simile. Eppure la troupe di Al Jazira è presente a Tripoli. I suoi reporter, spesso occidentali, lavorano senza essere ostacolati dal regime. La conseguenza di questa disinformazione è chiara: la risoluzione dell’Onu è stata votata a partire da informazioni di quel genere e senza che alcuna commissione d’inchiesta si sia recata preventivamente sul posto. Non è esagerato dire che Al Jazira ha creato l’evento e influenzato l’Onu. La guerra mediatica intorno alla Libia ricorda in modo sconvolgente ciò che successe nei Balcani, a partire dal 1991, a spese della Serbia”.

     E via così, per 45 dense pagine. La guerra contro Gheddafi, quindi, è tutta una truffa? Certo che no. Ma se una cosa le guerre insegnano è che tutti mentono: i nostri e i loro, i buoni e i cattivi. Una cosa, in queste situazioni, è sicuramente truffaldina: le troppo facili certezze.

Fulvio Scaglione
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Postato da Franco Salis il 02/07/2011 20:43

Domanda : In quale guerra le informazioni sono state puntuali,non contraddittorie? Nessuna. La guerra non è una partita di pallone,se la perdi puoi retrocedere,ma nella guerra la posta in gioco è enorme. Le parti belligeranti hanno il solo interesse a diffondere quelle notizie che possono tornare utili alle sorti della guerra. Vi è un addetto stampa incaricato di questo,gli altri hanno la consegna del silenzio. Quel giovane militare che si è lasciato intervistare a Decimomannu,subito ripreso dai superiori,passerà brutti guai(violata consegna è un reato penale). I giornalisti presenti sul teatro della guerra,vengono impediti di rilevare come vanno le cose e non può che essere così,la posta in gioco- ripeto- è enorme. Se la stragrande maggioranza dei giornalisti non si tiene a distanza si sicurezza volontaria o forzata, nonostante indossino giubbotti antiproiettili,corrono rischi seri e qualcuno ci lascia la pelle. Mi ero impegnato a ritornare sull’argomento una volta letto il documento LIBYE: UN AVENIR INCERTAIN in lingua francese inquinata da espressioni non proprio francesi. Pervenuto nella lettura a circa la metà,mi sono fermato perché shoccato dall’evidente falsità o se vogliamo essere più gentili di parte. Allora sono andato a vedere il post di Vermondo il 22/06/2011 10.21 e mi sono soffermato su “ Un'associazione con sede ufficiale a Tripoli e con grossa placca in marmo sulla porta fa sicuramente parte del sistema. Indicarla come fonte attendibile è o da ingenui o da complici. Invece nei territori "liberati" i giornalisti possono andare dovunque e parlare con chiunque. E quelli che ci sono andati e ci vanno offrono descrizioni meno ideologiche e più rispondenti al vero”. Se è vero che la sede ufficiale si trova a Tripoli con tanto di targa e quindi non clandestina,non c’è più niente da discutere si tratta di una struttura del dittatore sanguinario Gheddafi ed è assurdo cercare controinformazioni perché quelle contenute nel documento non sono informazioni. Però nonostante la mia età sin dal primo servizio avevo avvertito che qualcosa non andava e lo avevo annunciato ricevendo in risposta dal vicedirettore il rimprovero(legittimo) “bisogna andarci piano prima di dare del bugiardo a qualcuno” (12.05.11). Ora, dopo la lettura posso dire senza paura di smentita che il CIRET-AVT è una creatura di Gheddafi,quindi necessariamente bugiarda come il padrone. Tutti i tre servizi praticamente ricalcano il documento. Ritengo che in questi servizi Famiglia Cristiana è caduta sulla proverbiale buccia di banana,cosa che può accadere a tutti e che in ogni caso non sminuisce la serietà della rivista e dei suoi redattori. Buona sera.

Postato da folgore il 29/06/2011 10:37

Vede caro vicedirettore, in guerra la prima cosa che si perde per strada è la verità. Hitler avrebbe, certamente, potuto dire che la Polonia gli stava antipatica e che avrebbe voluto occuparla, ma ebbe l'idea di mandare dei propri soldati (naturalmente travestiti da polacchi) ad attaccare una base tedesca. Sai il casus belli è importante, non sia mai che dicano che io sono un guerrafondaio, mi offenderei....e farei guerra. :-) Nella Grande Guerra (tanto per rimanere lontano) circolava la voce che i tedeschi crocifiggessero i civili, ma poi erano solo delle fandonie. Per chi avesse ancora quella "innocenza" si tratta della PROPAGANDA DI GUERRA che serve a incutere ai nostri soldati lo spirito per odiare il nemico (e uccidere senza tanto rimorso) e a chi vede (l'opinione pubblica internazionale) di parteggiare per quella parte. E chi, come voi, afferma che non è tutto oro ciò che luccica si sente colpire e dare, se va bene, dell'ingenuo.

Postato da Franco Salis il 28/06/2011 22:58

A me come è fatta F.C. e i suoi redattori mi sta bene! Io non ho affatto la pretesa consolatoria “quelli che la pensano diversamente da me sono in malafede, quelli che la pensano come me sono in buona fede".In difetto di documenti,non testimonianze,-sappiamo infatti che gli errori giudiziari sono quelli basati sulle testimonianze-dobbiamo fare riferimento alla “logica” e agli “interessi”. “cui prodest” è sempre valido. Sono questi i soli due modi di ragionare. La logica mi dice che un dittatore che non garantisce il minimo di garanzia,è un assassino e va fermato. Non dimentichiamo che il Beato Giovanni Paolo II in occasione della guerra dei Balcani a seguito di eccidi e stupri di massa, ha gridato :fermate questa guerra!! Io non accetto frasi fatte,nei limiti delle mie capacità intellettuali le analizzo

Risposta di: Fulvio Scaglione (vice direttore FC)

Caro Salis,
sulla questione della Libia mi sono un po' stufato (non parlo per Lei, dico in generale) di sentirmi ripetere che bisogna "credere, obbedire, combattere". E mi sono francamente rotto di sentirmi opporre argomenti ridicoli: pensi che uno mi ha invitato a leggere gli articoli di un giornale australiano, come se noi non fossimo un giornale e l'Italia non fosse un po' più vicina alla Libia dell'Australia.
Nella nostra redazione c'è gente che ha visto guerre un po' dappertutto, dal Caucaso all'Africa, dai Balcani all'Afghanistan, e qualcosa ne capisce. Noi, qui, abbiamo sempre detto che Gheddafi faceva ribrezzo. Eravamo liberi allora e ci sentiamo liberi adesso di pensare che forse qualcosa non torna. Soprattutto quando osservatori autorevoli (si veda per esempio il rapporto allegato all'articolo) hanno dubbi simili ai nostri. Tutto qui.
Saluti, a presto

Postato da Franco Salis il 28/06/2011 21:11

Riservandomi di ritornare sul servizio successivamente, quando avrò letto il rapporto d'eccezione, per ora mi limito ad alcune osservazioni relative alla introduzione molto ben articolata,che richiede abilità professionale,complimenti. All’inizio riporta il fatto di cronaca politica :mandato di arresto con motivazioni,la cui legittimità viene subito messa in dubbio da una proposizione ipotetica che non solo delegittima la deliberazione dell’ONU,ma anche ,con l’uso del congiuntivo,l’ipotesi che Gheddafi abbia commesso "crimini contro l'umanità". Di seguito “La dittatura spietata durata ben 43 anni”, viene sminuita, direi banalizzata, dal fatto che sia stata dimenticata da chi oggi “bracca” Gheddafi. Il secondo capoverso “il mandato priva Gheddafi di…..” è ridicola, come mi pare di aver già detto,se la situazione non fosse tragica! Ma si vuole dare legittimità politica a un individuo che per 43 anni è stato dittatore? Non è forse un insulto,peggio una profanazione a tutte le sue vittime? Non è un incoraggiamento a favore dei dittatori ancora in carica? Vada per l’eliminazione fisica mediante bombardamento (io non mi straccerei le vesti comunque).Ma una incursione dei marines a terra è assolutamente necessaria per un vigliacco che si fa scudo del suo popolo. Il precedente servizio di F.C. del 14 giugno “Libia, e se fosse tutto falso?” mi pare che sia stato bersagliato al 90% di commenti che mettevano in discussione la veridicità delle affermazioni dell’imprenditrice dirette o “subliminate”.Un tripolino aveva testimoniato,non documentato, le crudeltà di Gheddafi e stigmatizzato la mala fede dell’imprenditrice che aveva fatto gratuite (mia precisazione: a pagamento). Il cittadino tripolino,aveva però difeso a spada tratta Martinelli, il quale non si vergogna ancora di rilasciare sue dichiarazioni a Avvenire.it in data 27.06.11. Per adesso mi fermo, in attesa di leggere dal francese il “rapporto di eccezione”.Anticipo solo,chi mi dice che tale rapporto di eccezionale abbia solo il fatto di essere una macchina del fango,a danno della massima istituzione mondiale e di alcune nazioni?

Risposta di: Fulvio Scaglione (vice direttore FC)

Caro Salis,
capisco, è molto consolatorio partire dal presupposto "quelli che la pensano diversamente da me sono in malafede, quelli che la pensano come me sono in buona fede". Purtroppo la realtà è un po' più complicata di così, soprattutto quando si tratta di guerre. Noi di Famiglia Cristiana, che non battevamo le mani a comando quando Gheddafi era il cocco di Berlusconi, di Sarkozy e di mezzo mondo, non le battiamo a comando neppure adesso. Scusate, siamo fatti così.
Quanto al fatto che il Dossier abbia avuto anche commenti negativi: mica me ne stupisco, c'era gente convinta anche che l'ìIraq fosse pieno di armi di distruzione di massa. Tenga presente, però, che il Dossier è stato visitato da decine di migliaia di utenti. Alla sua stregua, potrei ritenere che chi non ha "protestato" fosse d'accordo.
Stia bene

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