25/03/2011
L'autostrada giapponese dopo il terremoto...
Non c’è trucco e non c’è inganno. Il pezzo di autostrada rifatto dai giapponesi in sei giorni è proprio quello che mostrano le foto. Le abbiamo viste sui giornali e in tv. Prima dei lavori, burroni e crepacci spalancati su un asfalto informe. A destra una rete di protezione, scalzata alla base e pencolante. A sinistra alberi, siepi e un cartellone stradale. Nella seconda foto niente più buchi, l’asfalto rifatto a regola d’arte con tanto di segnaletica bianca, rete e paletti di nuovo in verticale. A testimonianza, la vegetazione è sempre là; niente ritocchi alle fotografie. Tutto in meno di una settimana.
Ammirevole. E adesso chiediamoci, toccando ferro, cosa accadrebbe da noi in una analoga situazione. Con questa premessa. Gli ingegneri italiani non sono meno capaci o meno solerti dei colleghi nipponici. Basta vedere certe miracolose soluzioni nelle nostre vallate, piloni alti come grattacieli e viadotti che sembrano librarsi nello spazio. In fatto di autostrade sono stati i francesi e gli spagnoli a copiare noi, non l’inverso.
... e lo stesso tratto di autostrada rifatto in sei giorni di lavoro.
Ma in fasi di emergenza non è questione di abilità tecnica. Quindi, sempre a dita incrociate, lasciateci fare una previsione. Fra gli altri danni, un tratto di autostrada è devastato. C’è subito polemica su chi deve intervenire per primo, se Anas o Protezione Civile. Siamo al confine fra due territori comunali, divisi come tutti da liti di campanile, ed entrambi invocano lo stato di calamità. Interviene anche la provincia, sennò che ci sta a fare. Intanto altri comuni chiedono risarcimenti. Non hanno subìto guasti ma sanno che in diverse regioni è andata bene: bussate e vi sarà aperto, i soldi arrivano. Già il governo ha stanziato milioni, insufficienti secondo l’opposizione e mal distribuiti. Avranno più voce i comuni montani o quelli sul mare? Gli unici senza voce sono gli ingegneri che dovrebbero riparare l’autostrada. Hanno pronti i loro progetti, belli lustri come l’inchiostro di China sulla carta patinata. Ma non sanno a chi mostrarli.
Ecco, questa è la differenza fra i giapponesi, noi italiani e, si può starne certi, tanti altri popoli evoluti e acculturati. Quelli del Sol Levante sanno in anticipo che i terremoti provocheranno rovine, e in anticipo predispongono i criteri per rimediare. Anche noi sappiamo di vivere in zona sismica. Ma non ci prepariamo né al prima né al dopo. Ci sono conflitti di competenza.
Giorgio Vecchiato