23/02/2012
La giornalista americana Marie Colvin (foto Reuters). In copertina: la reporter in piazza Tahrir al Cairo (foto Ansa).
La ferocia del regime di Bashar al-Assad non accenna a placarsi. Continua a devastare la città martoriata di Homs, roccaforte dell'opposizione, sotto assedio da più di due settimane. Si abbatte senza pietà sull'informazione, su chi mette a rischio la propria vita per raccontare al mondo la guerra che sta bruciando la Siria. Come la giornalista americana Marie Colvin e il fotografo francese Remi Ochlik: i due sono morti a Homs (e altri tre giornalisti sono rimasti feriti). Secondo le testimonianze sarebbero stati uccisi da una bomba mentre si trovavano in un ufficio per la stampa allestito nel quartiere di Bab Amro, il più bersagliato dagli attacchi dell'esercito.
La Colvin, 56 anni, era corrispondente dal Medio Oriente per il quotidiano britannico Sunday Times; aveva una lunga esperienza di conflitti, tanto che in Sri Lanka, durante la guerra civile del 2001, aveva perso un occhio. Poco prima della sua morte, il direttore del giornale le aveva chiesto di lasciare la Siria - ha raccontato la madre della Colvin alla stampa britannica - perché era diventato troppo pericoloso stare lì. E lei sarebbe dovuta partire oggi. Ochlik aveva 28 anni e alla spalle già una lunga serie di servizi da zone calde del mondo, da Haiti alla Repubblica democratica del Congo. Prima della Siria aveva seguito le primavere arabe in Tunisia, Egitto e Libia. Pochi giorni fa era stato designato tra i vincitori del World press photo, il prestigioso premio di fotogiornalismo, per un suo scatto dalla Libia. I nomi di Marie Colvin e Remi Ochlik si aggiungono a quelli di altri reporter caduti sul campo siriano: Anthony Shadid, americano, vincitore di due Premi Pulitzer e grande esperto di questioni mediorientali, ucciso da un attacco di asma, e il francese Gilles Jacquier, della Tv France 2, morto a gennaio.
Il fotoreporter Remi Ochlik (Reuters).
Nei giorni scorsi, a Homs, ha perso la vita anche il blogger siriano Rami al-Said, uno
dei principali "cittadini giornalisti": persone anonime - non cronisti
professionisti - che, con la loro fotocamera, decidono di andare per le
strade della città a riprendere gli avvenimenti e produrre filmati
destinati alla diffusione, aggirando così le limitazioni imposte dal
regime ai professionisti dell'informazione. Said era uno di quelli
che avevano scelto di rischiare per documentare l'assedio, i
bombardamenti e le devastazioni nel quartiere di Bab Amro. I suoi
video, girati con la sua macchima fotografica, una fonte preziosa di
notizie su quella zona della città, erano stati mandati in onda dalle
Tv straniere. Secondo quanto riportato da alcuni militanti, la sua
automobile è stata colpita da un razzo e lui è morto dissanguato dopo
essere stato portato in ospedale. Il "giornalista cittadino" aveva 26
anni e una figlia di appena un anno.
L'uccisione dei reporter ha destato l'indignazione della comunità internazionale.
Il presidente francese Sarkozy ha chiesto con forza ad Assad di
andarsene e ha invocato l'istituzione di un accesso umanitario per
consentire i soccorsi alle vittime di Homs. Una ferma condanna è
arrivata anche dagli Stati Uniti e dalla Russia. L'Unione europea ha
annunciato l'imposizione, il prossimo lunedì, di nuove sanzioni contro
la Siria.
Giulia Cerqueti