03/05/2010
Manifestazione a Roma per la difesa della libertà di stampa.
Minacciati, picchiati, uccisi. Dura vita quella dei giornalisti. Solo in questa prima parte del 2010 42 sono i reporter vittime nel mondo; di questi, 17 soltanto nel mese di aprile. Lo ha rivelato il rapporto dell'Istituto nazionale per la sicurezza della stampa (Insi) a Ginevra. In Honduras si contano sette morti, in Messico sei; quattro sono stati uccisi in Pakistan, tre in Colombia e in Nigeria, uno in Nepal, Venezuela, Cirpo, Russia, Ecuador, Turchia e in altri Paesi. Lo scorso anno le vittime sono state 77. Il dato particolarmente allarmante, come ricorda l'Unesco, è che la maggior parte dei morti non sono inviati su qualche fronte di guerra, bensì cronisti uccisi mentre stavano trattando temi "scomodi" e di rilevanza sociale.
Per ricordare l'importanza del diritto all'informazione, gli ostacoli e i pericoli legati alla professione di cronista, il 3 maggio in tutto il mondo si celebra la Giornata mondiale della libertà di stampa, promossa dall'Unesco: un'occasione per rendere omaggio a tutti i giornalisti che hanno perso la vita nell'esercizio del loro mestiere. Il tema scelto per questa Giornata, "Libertà di informazione: il diritto alla conoscenza", mette l'accento sull'importanza della comunicazione nello sviluppo della democrazia, nella lotta contro la corruzione e in favore della trasparenza.
In occasione della Giornata della libertà di stampa, la sezione italiana di Reporters sans frontières ha presentato, quest'anno a L'Aquila, la lista dei 40 "Predatori della libertà di stampa nel mondo". Fra questi, i governi che reprimono la libertà di espressione, come quelli di Cina, Iran, Corea del Nord, Cuba (dove 25 giornalisti sono in prigione), i gruppi paramilitari come le Farc in Colombia e i talebani in Afghanistan, la mafia e la criminalità organizzata in Italia. Le forme di repressione variano da quelle più violente - tortura e uccisione - alle minacce fino alla censura.
Se il quadro di America latina e Africa appare pressoché invariato rispetto allo scorso anno, in Medio Oriente e Asia si registrano cambiamenti, ad esempio con l'ingresso nella "lista nera" dello Yemen, dove le autorità sono diventate molto più repressive. Fra i predatori si segnalano le milizie private filippine, responsabili di un massacro nel 2009 di una cinquantina di persone, compresi trenta giornalisti. Per quanto riguarda l'Irak, i giornalisti vivono in costante pericolo a causa del conflitto, ma la situazione va migliorando e gli attacchi mirati ai reporter sono diminuiti; per questo motivo nella lista dei predatori non compaiono più i gruppi islamici.
Giulia Cerqueti