06/02/2012
Le ministre Cancellieri (Interni) e Fornero (Lavoro). Foto Ansa.
Anna Maria Cancellieri ed Elsa Fornero sono due donne che stimiamo molto per piglio, curriculum, personalità e competenza. Ma a volte paiono un po’ troppo sbrigative nell’esternare su questioni legate al lavoro e alla famiglia. Un po’ come certe zie che liquidano le questioni di padri e figli altrui con battute acide, senza troppo badare alle sottigliezze. Cominciamo dal ministro del Lavoro Fornero. Sono settimane che gira intorno all’articolo 18 minacciando interventi pesanti dall’alto, nel caso i sindacati non giungano a più miti consigli. “E’ un’illusione”, afferma “pensare di poter mantenere lo stesso posto per tutta la vita” (un’illusione, immaginiamo, per chi non è docente universitario di ruolo come lei e i suoi numerosi colleghi ministri-professori).
Si continua a ritenere il (falso) problema dell’articolo 18 come il simbolo della mancata crescita in Italia, cosa che non è assolutamente dimostrata da nessuna parte. Si tratta dunque di affermazioni, più che politiche, addirittura ideologiche, non certo consone a un Governo di tecnici. Non esiste infatti in alcun manuale di economia politica, forse nemmeno in quelli degli anni Ottanta, (quando la globalizzazione non esisteva), il teorema che imporre in tempi di crisi una deregulation selvaggia in tema di diritto del lavoro, trasformando l’Italia nei cinesi d’Europa, attiri capitali e investimenti come mosche al miele.
E’ forse una questione di equità generazionale? Ma dove sta scritto che licenziare il padre per assumere il figlio pagandolo la metà risolva il problema delle famiglie italiane in crisi e non piuttosto quello delle imprese che vogliono approfittarne per “ripulire” i bilanci sulla pelle dei dipendenti, magari per scelte sbagliate di un management foraggiato dalle stock option?
Va poi segnalata la facile ironia dell’altra zia d’Italia, il ministro degli Interni Anna Maria Cancellieri sulla predisposizione degli italiani a trovarsi un lavoro “vicino a mamma”. Anche in questo caso, se si considerassero le famiglie come un insieme di uomini, donne, bambini, anziani, madri e figli, nonni e nipoti, e non come ingranaggi del mercato, se si studiasse la fitta e forte trama di legami anche economici che sta insieme a quella affettiva di milioni di famiglie, si capirebbero molte più cose.
E’ vero: il 70% degli italiani con la madre ancora in vita abita a meno di 10 chilometri dal luogo dove questa risiede. Ma ciò dipende, più che da una predisposizione al "mammismo", dal fatto che il nostro Paese ha sviluppato negli anni un particolare modello, una via italiana per sopperire alle (troppe) lacune dello Stato sociale.
La famiglia italiana è infatti un ammortizzatore sociale che permette ai figli di essere accuditi dai nonni mentre i genitori, sempre più “working poors”, stanno via di casa per guadagnarsi lo stipendio. E di assistere oltre un milione di anziani non autosufficienti. Costringere un figlio a emigrare all’estero suo malgrado, far perdere il lavoro a un capofamiglia o trasferirlo a seicento chilometri di distanza per accontentare un ordine partito dalla sede di una multinazionale per ottimizzare le risorse, non ci pare la soluzione.
Su questi argomenti le due ministre farebbero bene a consultare qualche dato sulla società italiana, invece di cercare di emulare la Thatcher 30 anni dopo. Così, tanto per abbandonare per una volta le ideologie e mostrare un sussulto di tecnicismo.
Francesco Anfossi