24/05/2011
Una drammatica immagine delle proteste ad Atene contro la crisi economica.
Ora si parla di “reprofiling”: un termine morbido per
indicare la ristrutturazione del debito della Grecia, non più in grado di
ripagare il prestito da 110 miliardi contratto con Fondo Monetario Internazionale, Ue e Banca
Centrale Europea. A proporlo è stato l'Ecofin che, in cambio, negli scorsi
giorni ha chiesto ad Atene di accelerare il piano di privatizzazioni da 50
miliardi che dovrebbe restituire un po' d'ossigeno alle casse dello Stato.
All'ombra dell'Acropoli, però, le sfumature lessicali non convincono nessuno e i
cittadini temono che a rimetterci, per le garanzie chieste dall'Europa, siano
sempre gli stessi. E che a finire sul bancone dei saldi di Stato, magari, siano
le bellezze del Paese: i monumenti, o addirittura le isole. L'ipotesi che le
perle dell'Egeo (6 mila, di cui solo poco più di 200 abitate) possano essere
cedute ai privati per fare cassa è stata ventilata a più riprese, ma sempre
smentita dal governo greco, ultimo in ordine di tempo il primo ministro
Papandreou. Eppure le voci continuano a circolare.
Secondo il quotidiano britannico Guardian, a
finire nel calderone delle privatizzazioni potrebbero essere ad esempio alcuni
grossi terreni di Mykonos, nelle Cicladi, per un terzo in mano allo Stato. O
alcune fette dell'isola di Rodi, che farebbero gola a investitori russi e
cinesi. Di certo, anche se il Governo ellenico si decidesse a fare un passo del
genere, le difficoltà burocratiche sarebbero parecchie, a partire dal fatto che
il catasto in Grecia quasi non esiste. Il Paese si è dotato di un registro dei
terreni solo negli ultimi anni, con il risultato che le dispute territoriali tra
i privati e lo Stato sono numerosissime e coinvolgono almeno 273 mila ettari di
terra. Altri 135 mila sono reclamati nelle aule di tribunale dalla Chiesa
ortodossa.
Per certo nel piano di privatizzazioni, che il Governo avrebbe già dovuto presentare nelle settimane passate e che si appresta
a portare in Parlamento questo fine settimana, ci saranno invece grosse quote
delle aziende pubbliche. “Hanno paura delle reazioni che arriveranno dalla gente", spiega Panayghiotis, un veterinario di Atene, "è per questo che la stanno
tirando per le lunghe”.
A essere offerte ai privati saranno società come
la Ose, le ferrovie greche. Lo Stato vuole venderne il 49%, ma non sarà
facile trovare un compratore, dal momento che l'azienda versa in condizioni
finanziarie disastrose: 10 miliardi di debiti accumulati negli anni e una
perdita di 370 milioni nel 2009. O la Opap, decisamente più appetibile: nella
maggiore compagnia europea di scommesse Atene sarebbe pronta a cedere il suo 34%. Ma ci sono anche la società che gestisce le scommesse dei cavalli, la
Odie, con le sue strutture messe a nuovo durante le Olimpiadi del 2004. E vari
terreni, come quello dell'ex aeroporto della capitale, che gli arabi vorrebbero
trasformare in distretto finanziario con tanto di casinò annesso. I greci
attendono i dettagli. Ma in migliaia hanno già promesso scendere nuovamente in
piazza, se a essere svenduti saranno anche i loro posti di lavoro.
Mario Rossi