Guccini ne fa 70. Auguri!

Autore di indimenticabili canzoni come La locomotiva e L’avvelenata. Di recente Famiglia Cristiana l'ha incontrato nella sua casa sull'appennino tosco-emiliano. Video.

14/06/2010

Francesco Guccini oggi compie settant'anni, ma non credo che saranno organizzati particolari festeggiamenti, ma un augurio desidero farglielo lo stesso, anche a nome di quelli che hanno goduto delle sue indimenticabili canzoni come La locomotiva, Dio è morto, Canzone per un’amica, L’avvelenata, Auschwitz e le altre che arricchiscono un ideale canzoniere italiano da tramandare a futura memoria. «Nelle mie canzoni - dice lui - metto ciò che sento ma non voglio insegnare nulla a nessuno. Non sono un cantastorie, che è un altro mestiere. E nemmeno un cantautore. Mi sento e sono un autore e un cantante, e questo è un mestiere molto bello perché lascia tanto tempo libero”». L’talianista Ezio Raimondi ha scritto: «Guccini, canta l’etica con parole estetiche».

     Nato a Modena il 14 giugno 1940 - quattro giorni prima l’Italia era entrata nella seconda guerra mondiale - ha trascorso i primi anni nella casa del nonno paterno, a Pavana, sull’Appennino pistoiese. Ha cominciato a far musica nel 1957, suonando in piccoli gruppi che si esibivano nei teatri parrocchiali, ma la sua prima canzone l’ha scritta nel 1958. Era alla Platters, come Only you. Il titolo s’è perso nella memoria ma l’ispiratrice no: «Era una ragazza che mi ricordo benissimo ma niente nome, per favore».

    Nel 1967 ha debuttato in Tv in una trasmissione dove lo presentava Giorgio Gaber e la sua “madrina” era Caterina Caselli. Le canzoni del primo 45 giri erano Un altro giorno è andato e Il bello. Personaggio non invadente, ma che quando appare inevitabilmente riempie la scena, Guccini ha fatto l’educatore, il giornalista, s’è iscritto all’Università di Bologna nella facoltà di Lettere. «Mi mancava solo un esame e poi la tesi, ma mi bocciarono in latino: mi chiesero dei paradigmi, e io ricordavo solo quelli più facili. Vedendomi in difficoltà, l’assistente del professore gli bisbigliò: "Lo sai che questo ragazzo ha scritto quella canzone bellissima che cantano i Nomadi, Dio è morto?". E il professore rispose: "Io i paradigmi li chiedo a tutti" e mi bocciò».

    Tre anni fa Guccini ha smesso di fumare: «Tutti mi dicevano he poi avrei finalmente sentito i veri sapori e gli odori. Non è vero, è tutto come prima». La erre particolarmente strascicata, Francesco non ha mai preso la patente e non sa che cosa sia un telefonino. A qualche bicchiere di vino non rinuncia perché sostiene che durante i concerti gli tonificano la voce. Recentemente è uscito un suo libro che si intitola Non so che viso avesse che è poi l’incipit de La locomotiva. Passato e presente convivono con Francesco. La locandina dei suoi concerti è sempre la stessa. Una foto cha appariva sul suo album Via Paolo Fabbri '43. Quando fu scattata era il 1976. Appena ieri.

Gigi Vesigna
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Postato da Andrea Annibale il 15/06/2010 08:58

Ciao, a 16 anni la mia passione era Edoardo Bennato, che si rifiuta di andare alla "festa del partito". I testi di Guccini mi sembravano troppo forti ed enfatici. Ero iscritto alla FGCI, Federazione giovanile comunista. Oggi, trent'anni dopo, ascolto Bach e sono iscritto all'UDC, vado a Messa tutti i giorni. Scherzi del destino, o forse di Dio. Di quel periodo giovanile ricordo però la grande rivoluzione degli autori che, come Guccini, parlavano di temi sociali in un panorama fatto solo di canzonette di amore. Auguri a Guccini, dunque. Ciao, pace e bene.

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