I veneti: siamo stufi di fare i muli

Gli alluvionati di Vicenza e provincia invocano l’aiuto dello stato per risanare l’economia devastata. Intervista con l'imprenditore Luciano Vescovi.

09/11/2010
La recente alluviane nella provincia di Vicenza.
La recente alluviane nella provincia di Vicenza.

«O lo Stato ci aiuta a risollevarci o non pagheremo le tasse». Ha fatto scalpore lo sfogo-minaccia dell’imprenditore vicentino Luciano Vescovi, anzitutto per il ruolo istituzionale da lui ricoperto (vicepresidente degli Industriali di Vicenza), in secondo luogo per quanto conta questo territorio in fatto di ricchezza prodotta, con le sue 2.400 imprese che generano 24 miliardi di euro di fatturato e danno lavoro a oltre centomila persone.

Incita all’obiezione fiscale?
«No, è stato un moto di ribellione, uno sfogo causato dalla percezione diffusa del disinteresse generale per quel che è accaduto in Veneto. Forse, qualcuno pensa si sia trattato di una pioggerellina primaverile un po’ abbondante. La realtà è che i danni in queste terre sono ingentissimi. E lo Stato deve finalmente dimostrare di servire a qualcosa».

E i 20 milioni di euro stanziati dal Governo per l’alluvione?
«Fanno ridere se li paragoniamo ai 4,5 miliardi di lire spesi per il completamento dell’inceneritore di Acerra. Questo fa infuriare gli alluvionati veneti. La gente qui è stufa di fare la parte del musso (mulo) che fatica e basta».

Anche i media hanno trattato con scarso rilievo quanto accaduto in Veneto?

«Mi pare proprio di sì. I media, presi dal gossip e dagli scandali, hanno trascurato il dramma del Vicentino e delle altre terre venete alluvionate».

Lei ha anche accusato il governatore Zaia di non essersi fatto vedere subito a Vicenza. Chi salva, invece?
«Il volontariato veneto. In una settimana hanno risolto da soli la prima emergenza. È stato commovente vedere le decine di giovani volontari che hanno messo in sicurezza la casa di mia sorella, alluvionata a Cresole. Un esempio straordinario».

Alberto Laggia
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Postato da Cittadino Veneto il 12/11/2010 19:21

Caro Direttore, quanto è avvenuto nei giorni scorsi in Veneto (alluvioni, frane, colate di fango) non è che la conseguenza inevitabile (davvero inevitabile) delle premesse poste, nel disprezzo di tutti gli avvertimenti. La storia del Veneto degli ultimi trent’anni si può riassumere come la storia di una forsennata edificazione e impermeabilizzazione del suolo, in tutte le aree pianeggianti, a cui si è aggiunta, nell’ultimo decennio circa, un’altrettanto forsennata attività pseudo-agricola di trasformazione di ogni collina, su qualsiasi versante, adatto e inadatto, a vigneto “DOC”, con la distruzione di tutte quelle essenze vegetali che caratterizzavano da secoli il paesaggio e che contribuivano alla sua varietà e alla sua salute. Così, la capacità del terreno di trattenere l’acqua delle precipitazioni è diventata pressoché nulla tanto in città e nelle zone industriali quanto in “campagna”. Il risultato lo può pronosticare anche un bambino (i bambini in genere sono disposti ad ammettere quello che l’intelligenza fa loro capire): alluvioni e smottamenti ad ogni pioggia, alternati a siccità in tutti i periodi di magra. La natura non è né buona né cattiva, semplicemente onesta. I contadini della generazione pre-industriale sapevano perfettamente che il rapporto con la terra richiede lealtà e conoscenza: si semina in primavera per raccogliere d’autunno, si sistemano gli argini col bel tempo perché “tengano” col maltempo. Ad ogni azione corrisponde una reazione; al uno sfruttamento moderato, corrispondono frutti in quantità moderata, ma sicuri; a uno sfruttamento insensato corrispondono ribellioni improvvise. Ma il Veneto di oggi non ha più nulla di questa saggezza contadina (che pur rimane il suo solo riferimento culturale, per quanto mitico e inerte): i valori che lo guidano nella sua attività non sono l’amore per la propria terra e la propria civiltà, ma unicamente da un desiderio di rapido arricchimento che si può definire soltanto e propriamente come avidità. I Veneti non sono innocenti di fronte alle calamità (queste sì “naturali”) che li colpiscono oggi, più di quanto non lo fossero gli abitanti di Sarno che hanno costruito abusivamente le loro abitazioni sul greto del fiume omonimo. Il Veneto dei capannoni (che anche i giornali diocesani, fino a qualche anno fa, denunciavano…), a cui si è aggiunto il Veneto del Prosecco “DOC” che raddoppia la produzione ogni anno, è diventato, e non poteva non diventare, il Veneto delle alluvioni. Questo Veneto frignone e senza dignità, rimasto privo della sua “cultura tradizionale” (se mai ne ha avuta una), riottoso e sprezzante di fronte alla cultura accademica, è perfettamente rappresentato dal suo governatore Luca Zaia, che ha fatto la propria campagna elettorale facendosi ritrarre in gessato grigio (e fazzolettino verde) in mezzo a campi di grano che forse vedeva per la prima volta in vita sua e proclama orgoglioso di non aver bisogno della cultura accademica, perché “noi Veneti sappiamo come si vive”. Bene, questi sono i risultati (come direbbe un vecchio professore) meritati, meritatissimi. Il Veneto dimostra in piccolo il male che affligge in modo drammatico l’intera società italiana: la colpevole incapacità di scegliere una classe dirigente all’altezza dei suoi compiti. È questo senza dubbio il carattere saliente della società veneta d’oggi, a cui l’hanno portato, senza interruzione, in un unico disegno tragicamente coerente, prima la Democrazia Cristiana (che aveva qui – proprio nelle lande oggi alluvionate – i suoi collegi elettorali più sicuri), poi gli uomini di Berlusconi (in gran parte coincidenti con i precedenti), infine i leghisti della prima e dell’ultima ora. Il Veneto di oggi è un carattere impoverito nella sua umanità, incapace di riconoscere e apprezzare valori che non siano sfacciatamente materiali, e che s’illude di mascherare la propria miseria spirituale con un’adesione acritica e formale a un conformismo religioso senza sugo. Del quale il clero locale (specialmente nel’era Scola) si accontenta con entusiasmo. E di fronte a questo fango, continuiamo a discutere di restituzione dell’IVA: certo, la salvezza non può che venire dal Denaro. Ci vuol ben altro, caro direttore! La saluto cordialmente come Cittadino Veneto (e, quando l’ho scelto, non sapevo quanto azzeccato fosse questo user-name).

Postato da Gabriella Serafini il 11/11/2010 12:02

Mi dispiace per i veneti che si trovano in queste condizioni, ma spero che capiscano in questa tragedia che non sono migliori degli altri come si sono considerati in questi anni (almeno parecchi) e che hanno bisogno della Nazione Italia Unita che si deve fare un esame di coscienza visto che da parecchio si sta sgretolando materialmente e moralmente. Gabriella Serafini

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