Ichino, posto fisso e "soliti noti"

La polemica sul posto fisso della figlia del senatore Ichino è forse sgradevole ma non pretestuosa. Con il 37,1% di giovani senza lavoro si può ancora esaltare la precarietà?

10/02/2013
Il senatore Ichino con il ministro Fornero (foto del servizio: Ansa).
Il senatore Ichino con il ministro Fornero (foto del servizio: Ansa).

La precaria che ha messo sotto accusa Giulia Ichino, 34 anni, figlia di Pietro Ichino (senatore del Pd, ora schierato con Mario Monti), “colpevole” di essere stata assunta alla Mondadori all’età di 24 anni, essendo guarda caso figlia di una persona importante che per di più molto riflette sulle rigidità del mercato del lavoro, ha riaperto una vecchia polemica. E per fortuna.


Ovviamente, la questione non riguarda Giulia Ichino, così come non riguardava a suo tempo la figlia del ministro e docente universitario Elsa Fornero. Alla giovane Ichino si possono solo, semmai, "rimproverare" i fin troppo solleciti estimatori. Perché il piccolo coro di scrittori e giornalisti che, senza alcun bisogno, si è subito levato a lodarla dimostra l'inesauribile vocazione dell'intellettuale italiano a soccorrere i vincitori. Tutti preoccupati per lei, che il posto fisso ce l'ha, e non una parola sulla precaria, che il posto fisso appunto se lo sogna. E che magari, sia detto per inciso, ha qualità pari o magari superiori.
 
E invece la provocazione della precaria, per quanto comprensibilmente poco simpatica per la famiglia Ichino, dev'essere accolta con gratitudine, perché il problema del non lavoro dei giovani è gravissimo e rischia di lasciare ferite gravi e segni indelebili sulla nostra società. Vorrei provare a sottolineare qualche aspetto e a proporre qualche domanda finora inevasa. 


1. In tutta Europa, con la sola esclusione di Paesi piccoli come Austria e Danimarca, la disoccupazione giovanile è una questione drammatica, con percentuali a doppia cifra. Che si tratti di Paesi nordici o latini, governati dalla destra o dalla sinistra, dinamici o stagnanti, il problema si presenta negli stessi termini. Che cosa aspettiamo, quindi, a dichiarare che c'è qualcosa che non va nel sistema di produzione della ricchezza? E a riflettere sui possibili rimedi?


Giulia Ichino.
Giulia Ichino.

2. Vi è mai capitato, in questi anni, di dibattere sul tema del lavoro precario con amici, colleghi, vicini di casa, compagni occasionali di viaggio in treno, persone incontrate per lavoro, ecc. ecc? A me sì, molto spesso. E sempre, sempre, sempre ho notato questo: gli interlocutori che più esaltavano “flessibilità”, “mobilità” e “precarietà”, erano anche quelli con i lavori più stabili e meno mobili, e sicuramente quelli i cui figli non erano né mobili né precari. Una sfortunata combinazione? Non credo. Sarà brutto dirlo ma mi piacerebbe sapere, per esempio, quanti sono i giovani precari tra i parenti stretti del senatore Ichino. Non perché ce l'abbia con lui ma perché ho il forte sospetto che nella buona borghesia italiana resti alta la tentazione di fare le riforme, purchè il prezzo del cambiamento sia a carico degli altri.

3. Considero una grave colpa delle forze politiche aver lasciato alla sinistra estrema o al sindacato più arrabbiato l’affermazione di una semplice verità: la precarietà fa schifo. E’ una disgrazia. E’ un male da combattere. Da quando l’aggettivo “precario” indica una situazione positiva? Un ufficiale che dica al generale “la situazione è precaria”, mica lo tira sù di morale. E un padre che dicesse ai figli “la nostra famiglia è precaria”? Essere precario è orrendo. E se questo tocca a un giovane, che deve costruirsi una vita e un futuro, è doppiamente orrendo.

4. Ci siamo accorti di quanta interessata confusione si fa in Italia sul tema del lavoro? Di quanti nobili principi siano poi in realtà pervertiti secondo l’interesse privato del momento? Qui da noi si è cominciato parlando di “mobilità”, poi si è passati alla “flessibilità” per approdare trionfalmente alla “precarietà”. Ma si tratta di cose assai diverse. Mobilità vuol dire potersi muovere sul mercato del lavoro, che invece in Italia è il più rigido del mondo. Muoversi da un posto all’altro è difficilissimo; dal lavoro si esce solo per licenziamento o chiusura dell’azienda (perché altrimenti non ti schiodano nemmeno le cannonate); nel lavoro non si entra più, come dimostra il 37,1% di giovani disoccupati registrato dall’Istat nel novembre 2012. Flessibilità vuol dire essere disponibili ad assumere mansioni diverse, o ad accettare condizioni diverse, all’interno di uno stesso lavoro. E anche qui, tra le rigidità dei sindacati e il ritardo delle aziende, non siamo messi bene. La precarietà non ha nulla a che vedere né con la mobilità né con la flessibilità. Anzi: la precarietà è ciò che si ottiene quando non c’è mobilità e non c’è flessibilità. E la si ottiene non per caso: conviene alla classe politica, che trasferisce sulle famiglie parte del costo dello Stato sociale; e conviene alle aziende, che usano per lavori anche qualificati personale giovane e pagato meno, eliminabile secondo bisogna.

5. Questo, ricordiamolo bene, è il Paese in cui per anni una classe politica repellente ha esaltato il valore del lavoro manuale, per poi scoprire che nessuno si iscrive più all’università, che in Italia non si fa più ricerca e che da noi, ormai, per "alta tecnologia" s'intende la Panda. La ricerca invece si fa all’estero: con scienziati italiani, laureati in Italia e poi emigrati perché qui dovevano diventare tutti muratori o panettieri. Il messaggio che arriva ai giovani è, nel migliore dei casi, confuso. Nel peggiore, disonesto.

Fulvio Scaglione
Preferiti
Condividi questo articolo:
Delicious MySpace

I vostri commenti

Commenta

Per poter scrivere un'opinione è necessario effettuare il login

Se non sei registrato clicca qui

Postato da Pietro48 il 10/02/2013 20:26

Condivido pienamente i contenuti dell'articolo , anche perchè li vivo quotidianamente sulla pelle dei miei figli , per l'appunto lavoratori precari , sottopagati e anche ricattabili , tanto per non farsi mancare niente . Se ne parla poco in questa campagna elettorale , perchè tanto LORO ( i politici di ogni colore e schieramento ) per i loro figli provvedono direttamente ad assicurare un lavoro stabile e specialmente ben retribuito . E' la precarietà del lavoro giovanile il problema più grave e urgente della nostra società , poichè i giovani precari di ieri stanno diventando ormai gli adulti precari di oggi , condannati ad essere precari anche da pensionati ( quale pensione percepiranno dopo una vita di versamenti contributivi irrisori ? ) . Certo , si consiglia ai giovani di farsi la pensione integrativa . Con i soldi di chi ? Raccomando alla nostra rivista di tenere sempre ben viva l'attenzione su questo problema .

Postato da Andrea Annibale il 10/02/2013 18:38

Condivido solo in parte l’articolo del dottor Fulvio Scaglione. L’impianto concettuale mi pare contenga delle verità parziali. Non basta, a mio modesto avviso, dire che la precarietà fa schifo, come fanno “la sinistra estrema” ed “il sindacato più arrabbiato” se non si indicano anche le strade per uscire da questa situazione di assurda disuguaglianza tra lavoratori protetti e lavoratori non protetti. La Costituzione vuole l’eguaglianza non solo formale ma anche sostanziale dei cittadini. La realtà attuale rappresenta una violazione palese della nostra Carta Costituzionale. Chi ha proposto le soluzioni adeguate per uscire dalla crisi economica e del precariato? Finora nessuno, forse perché la soluzione semplicemente non esiste. Si propone di scaricare sul risparmio delle famiglie più ricche il costo degli ammortizzatori sociali, cioè della mancata produzione di ricchezza. Sarà accettabile come soluzione temporanea in base ad un principio di solidarietà ma è una toppa che non rappresenta, sul medio e lungo periodo, una soluzione del problema. Ammesso, come dicevo, che una soluzione esista al di là degli slogan facili e moralisti. Da sempre, la borghesia si procura i posti di lavoro più nobili, ricercati e remunerati, lasciando agli altri i lavori meno rischiosi ma anche meno prestigiosi. Oggi non è più così. Il ceto medio è indebolito e il lavoro dipendente è sempre meno sicuro giuridicamente e socialmente. Ma senza la borghesia, cioè il ceto medio e alto, la barca economica non naviga più. Perciò, si dovrebbe favorire chi investe il capitale a rischio rispetto a chi lo destina a facile rendita. Per fare questo, spetta agli economisti indicare le strade praticabili e allo Stato garantire la sicurezza pubblica di chi decide di aprire una nuova azienda.

Postato da martinporres il 10/02/2013 18:33

Condivido:"Non perché ce l'abbia con lui ma perché ho il forte sospetto che nella buona borghesia italiana resti alta la tentazione di fare le riforme, purchè il prezzo del cambiamento sia a carico degli altri". Siamo alle solite: armiamoci e partite. Giulia Ichino e la figlia di Elsa Fornero insegnano.

tag canale

MODA
Le tendenze, lo stile, gli accessori e tutte le novità
FONDATORI
Le grandi personalità della Chiesa e le loro opere
CARA FAMIGLIA
La vostre testimonianze pubblicate in diretta
I NOSTRI SOLDI
I risparmi, gli investimenti e le notizie per l'economia famigliare
%A
Periodici San Paolo S.r.l. Sede legale: Piazza San Paolo,14 - 12051 Alba (CN)
Cod. fisc./P.Iva e iscrizione al Registro Imprese di Cuneo n. 00980500045 Capitale sociale € 5.164.569,00 i.v.
Copyright © 2012 Periodici San Paolo S.r.l. - Tutti i diritti riservati