03/12/2012
(Ansa).
Qualcuno, ammesso che spiegare rientri nelle capacità di chi si esprime solo a slogan e insulti, può spiegarci che c’entra la morte con il tifo?
Qualcuno ci spiega per quale ragione è diventato “normale” allo stadio svillaneggiare i morti, solidarizzare con gli assassini, invocare a sproposito le tragedie della storia?
Che c’entra questo con il sostegno alla squadra del cuore? Che c’entrano gli striscioni che invocano Superga, l’Heysel, che c’entra con il tifo la solidarietà che si esprime all’assassino, condannato con sentenza definitiva, dell’Ispettore Raciti?
L’unica ipotesi che ci venga in mente, in attesa di spiegazioni più articolate, è scritta nell’Allegro ma non troppo di Carlo Maria Cipolla, un piccolo saggio sulle leggi fondamentali della stupidità umana. Una di queste leggi, riassunta in soldoni, prevede che lo stupido, a differenza del malvagio che nuoce al prossimo per trarne vantaggio, abbia la speciale abilità di nuocere agli altri, riuscendo nel contempo a nuocere anche a sé stesso. Ecco siamo lì. Anzi peggio si combina la stupidità con la malafede. E infatti di solito certe perle di idiozia scritte sulle curve sortiscono l’effetto contemporaneo di offendere la memoria di innocenti e contemporaneamente di far sanzionare la squadra del cuore.
Secondo Cipolla le leggi della stupidità sono trasversali nella società e infatti non si può dire che l’inciviltà di certi striscioni abbia un colore definito. Basta aspettare e si ripete, ogni volta con una maglia diversa. Resta però una domanda in sospeso, non retorica stavolta: che cosa aspettano le società, i calciatori, gli allenatori, la Lega calcio a dire forte e chiaro, abbandonando una volta per tutte certe timide parole di circostanza, che questo tifo, gonfio di morte, non lo vogliono più. Pena portarsi via il pallone?
Elisa Chiari