28/06/2012
Il ministro del Lavoro Elsa Fornero insieme con il premier Monti (Ansa).
L’ultima del ministro Fornero, proprio il giorno dell’approvazione della riforma sul lavoro, l’ha raccolta con una sua intervista il Wall Street Journal: “Stiamo cercando di proteggere le persone, non i loro posti. L’attitudine delle persone deve cambiare. Il lavoro non è un diritto, deve essere guadagnato, anche attraverso il sacrificio”. “Ma il ministro ha giurato sulla Costituzione o su Topolino?” si chiede il senatore leghista Gianvittore Vaccari. Non è una battuta raffinatissima, ma la domanda è lecita. Con una dichiarazione il ministro ha polverizzato l’articolo uno della Costituzione - “L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro” - e soprattutto l’articolo quattro: “La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto”.
Il Costituente l’ha ripetuta due volte la parola “diritto”, a scanso di equivoci, ma non a scanso del ministro Fornero, che evidentemente sembra essere andata in direzione opposta rispetto alla Costituzione, trasformando un diritto in qualcos’altro. Dopo le numerose levate di scudi il ministro ha cercato di precisare in modo vago: “Il diritto al lavoro non è mai stato messo in discussione come non potrebbe essere mai visto quanto affermato dalla nostra Costituzione. Ho fatto riferimento alla tutela del lavoratore nel mercato e non a quella del singolo posto di lavoro, come sempre sottolineato in ogni circostanza”. Ma lo sa il ministro che esiste una disciplina che si chiama Diritto del Lavoro, con dei Tribunali chiamati a emettere sentenze? Se questo è lo spirito della sua riforma stiamo freschi, torniamo al 1947. Se il lavoro non fosse un diritto, bensì solo qualcosa da conquistare con i propri mezzi non ci sarebbero milioni di laureati a pieni voti disoccupati o con lavori precari, in balia del mercato. Un Governo, tecnico o politico che sia, dovrebbe contribuire a creare le condizioni affinché quel diritto fosse il più possibile garantito ed esteso.
In realtà, a ben vedere, la gaffe si sposa perfettamente con la rivisitazione dell’articolo 18, che prevede i licenziamenti individuali e il licenziamento per motivi economici senza reintegro automatico. Se il lavoro non è un diritto, allora qualunque licenziamento diventa lecito. E'
una valutazione politica, non tecnica. Vorrà dire che dopo le lacrime sulle pensioni assisteremo allo stridore di denti sull’occupazione e al diritto del lavoro, esodato come quei lavoratori già usciti dal mercato del lavoro ma non ancora pensionati, di cui non si conosce ancora il numero.
Francesco Anfossi