21/07/2012
Genitori e figli d'accordo: per trovare lavoro, occorre perseverare (foto Corbis. Quella di copertina è Fotogramma).
Bamboccioni? No, anzi: più disincantati dei loro genitori. Quando guardano al lavoro, alle proprie possibilità di trovarne, a ciò che si aspettano in questo campo, i giovani italiani mettono gran parte dei sogni tra parentesi e dimostrano più realismo degli adulti. Sono figli della crisi e del precariato, e un sondaggio realizzato via web da Gi Group, la prima multinazionale in italia per servizi al lavoro, dimostra che sono ben coscienti delle difficoltà che si accompagnano al loro futuro professionale.
Nei mesi di marzo e aprile 2012, Gi Group ha condotto la ricerca "I giovani italiani e la visione disincantata del lavoro - divergenze e convergenze con genitori e imprese", tramite questionari web che hanno coinvolto 1018 giovani tra i 15 e i 29 anni, 1019 adulti tra i 40 e i 64 con almeno un figlio tra i 15 e i 29, 30 aziende nazionali e multinazionali. Ricordiamo che un mese dopo, a maggio, l'Istat ha comunicato il dato della disoccupazione giovanile nella fascia 15-24 anni: 36,2 per cento, il dato più alto in assoluto dall'inizio delle serie storiche mensili, nel 2004.
Se pensiamo che nell'età verde il lavoro rappresenti soprattutto il sogno di realizzarsi, oggi sbagliamo: per il 42% dei giovani è prima di tutto la possibilità di portare a casa uno stipendio, e solo in seconda battuta (36%) un campo di autorealizzazione. Per trovare lavoro e fare carriera, genitori e imprese danno importanza soprattutto al merito, mentre 8 giovani su 10 considerano altrettanto importanti fattori non meritocratici come fortuna e conoscenze, in particolare di persone potenti. Ma, nonostante la crisi economica, non si arrendono, perché 9 su 10 pensano che la perseveranza sia l'elemento più importante per trovare un'occupazione (d'accordo, in questo, con genitori e aziende).
Molti giovani pensano che fortuna e conoscenze contino quanto il merito, per trovare lavoro (foto Corbis).
E quali sono gli aspetti più importanti nel lavoro per i giovani, una volta che l'abbiano trovato? La sicurezza del posto, i buoni rapporti con colleghi e capi e, a seguire, contenuti interessanti e un miglioramento nello stipendio. A differenza di adulti e imprese, danno meno rilievo alle possibilità di carriera. Chi, tra gli intervistati, un lavoro lo ha, conferma la soddisfazione nelle relazioni umane, considera sufficienti gli aspetti di auto-realizazione, ma è decisamente insoddisfatto di retribuzione e carriera. Tre quarti dei ragazzi (e anche dei genitori) ha poi indicato nell'apprendistato un'opportunità per entrare nel mercato del lavoro, ma non credono che rappresenti un primo passo verso il contratto a tempo indeterminato: al contrario, 8 imprese su 10 hanno dichiarato di utilizzarlo proprio a questo scopo.
Ma a quale tipo di lavoro ambiscono i giovani? Per più di 1 su 4, l'ideale sarebbe nel settore pubblico; però 1 su 6, se potesse scegliere avvierebbe un'attività in proprio, mentre solo il 6,5% degli intervistati sceglierebbe imprese medio-piccole, che pure rappresentano l'asse portante dell'economia italiana. I genitori, invece, al 25% sognerebbero di vederli occupati in una multinazionale. Quanto al lavoro manuale, i ragazzi lo considerano un "male necessario": sono più propensi ad accettarlo rispetto ai loro genitori, ma lo svolgerebbero soprattutto in condizioni di alta professionalità, stipendio adeguato o per un periodo temporaneo. Otto su 10, infine sarebbero disposti a trasferirsi per lavoro, però per lo più in altre regioni d'Italia o in Europa. Le aziende, invece, quasi all'unanimità consiglierebbero i Paesi del cosiddetto "Brics": Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica.
"Instabilità generale, mancanza di punti fermi, crisi persistente sembrano aver minato lo slancio proprio dei giovani che appaiono disincantati, pragmatici e meno rampanti rispetto al passato e ai genitori, ma più realisti e decisi a tener duro a fronte della crisi e del crescere della disoccupazione", ha commentato Stefano Colli-Lanza, amministratore delegato di Gi Group. Probabilmente il compianto Tommaso Padoa-Schioppa oggi non userebbe più la non felice definizione di "bamboccioni" per i giovani italiani che rimangono in famiglia. La realtà è più dura dei loro sogni e dei loro progetti: quello dei nostri ragazzi non è cinismo, è disincanto. Se possiamo comunque ammirarne il pragmatismo, non c'è dubbio che tocchi a noi adulti rivedere ulteriormente il mercato del lavoro, per non togliere alle nuove generazioni lo slancio verso il futuro, e a tutta la società l'energia e la creatività che i giovani esprimono meglio di chiunque altro.
Rosanna Biffi