Il sacrificio delle toghe

Nella Giornata della memoria delle vittime del terrorismo, a Milano e Roma si ricorda l'esempio di giudici e avvocati.

09/05/2011
la commozione del presidente Napolitano nel rievocare i magistrati uccisi dal terrorismo.
la commozione del presidente Napolitano nel rievocare i magistrati uccisi dal terrorismo.

È stata dedicata alle toghe uccise negli anni di piombo la quarta edizione del Giorno della memoria per le vittime del terrorismo. Dieci magistrati uccisi dal terrorismo nero e da quello rosso. "Ricordati", spiega commuovendosi il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, "all'indomani della vergogna dei manifesti che hanno invaso Milano e che equiparavano i magistrati alle Brigate Rosse". Magistrati cui si deve rispetto, sottolinea il primo presidente della corte di Cassazione Ernesto Lupo, consegnando il volume "Nel loro segno", dedicato a Vittorio Bachelet, ai dieci giudici degli anni di piombo e ai 16 magistrati uccisi dalla mafia e dalla criminalità organizzata". "Parlo a nome di quella magistratura", spiega Vietti, "di cui fanno parte sia i giudici che i pm e ricordo che gran parte degli uccisi sono stati proprio pubblici ministeri". Nella lunga mattinata al Quirinale, condotta da Eugenio Occorsio, figlio di Vittorio, il magistrato ucciso 35 anni fa dal terrorismo nero, parlano anche gli studenti.

 Al Palazzo di Giustizia di Milano sono state esposte tre gigantografie dei giudici Emilio Alessandrini e Guido Galli e dell'avvocato Giorgio Ambrosoli. Al Quirinale, il presidente della Repubblica si è commosso fino alle lacrime quando sono state ricordati i 10 magistrati caduti per aver compiuto fino in fondo il loro dovere. «Non dimenticheremo, opereremo - ha detto - perché l’Italia non dimentichi ma tragga insegnamenti e forza da quelle tragedie». Il capo dello Stato ha poi salutato i familiari delle vittime dicendo: «A voi tutti l’abbraccio mio e delle istituzioni in questo Giorno della Memoria che è entrato ormai nel nostro cuore».

Poi è stata la volta degli studenti. Andrea Zanetti, del Cfp Vantini di Rezzato,  ricorda la sentenza che appena qualche mese fa ha mandato assolti gli imputati per la strage di piazza della Loggia avvenuta a Brescia il 28 maggio 1974. Non c'è retorica nel discorso che ha preparato insieme con la sua classe: “ancora attendiamo con la fiducia che abbiamo imparato ad avere nella magistratura”, sottolinea, “la verità di chi ha ideato ed eseguito la strage perché la nostra è una città che non vuole dimenticare, non per rancore, ma per una riconciliazione che conduca a una crescita collettiva”.
 
Pochi minuti prima, il suo compagno di classe Noma Ali Hussain, aveva ricordato l'importanza delle nostre istituzioni democratiche e dei diritti che esse difendono: “molti di noi”, aveva sostenuto il ragazzo pakistano, “provengono da Paesi nei quali questi diritti sono inimmaginabili, dove la democrazia è apparente, dove la libertà di pensiero e di espressione può costare la vita... dove non esistono tutele se non per i ricchi, i forti, i potenti. Per questo ci ha colpiti comprendere che la democrazia in Italia, i diritti e le tutele che a noi sembrano così scontate sono in realtà il frutto di una conquista che va rinnovata giorno dopo giorno con l'impegno e la consapevolezza di tutti”.

Una lezione contro tutte le polemiche e i tentativi di delegittimazione passati, presenti e futuri.

 

Annachiara Valle
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Postato da mario vaudano il 10/05/2011 14:56

credo che tutti cogliamo i segnali di un Paese e di un’Europa in crisi.Lo avvertiamo in molti settori, ed anche e purtroppo nel nostro settore, la giustizia. Lo viviamo nelle leggi ad personam, nella torsione di norme e discipline per risolvere singoli casi e procedimenti, nella menomazione quotidiana dei principi costituzionali dell’eguaglianza di tutti i cittadini davanti alla legge e della solidarietà (con l’indebolimento delle tutele per i soggetti più deboli, tra tutti i minori e con modifiche processuali modellate per favorire le parti forti).Lo avvertiamo nelle scelte politiche ed amministrative che sembrano condannare la giustizia ad una rapida decadenza, che diventerà in tempi brevi quotidiana difficoltà a celebrare i processi ordinari: taglio dei fondi, blocco dell’assunzione del personale amministrativo, abbandono dei progetti di innovazione, …. Ma quanto è ancora più grave sono i “guasti dell’anima”, come li ha definiti Franco Cordero, ovvero quelle modifiche profonde provocate nel costume e nei comportamenti, anche quotidiani, che rischiano di impoverire e far degenerare il nostro Paese. Così la legalità non è più un parametro di civiltà, ma un ostacolo da superare o aggirare, un limite negativo, mentre la forza viene ad essere l’unico valore cui la legge ed i diritti (degli altri) debbono inchinarsi. I guasti provocati da leggi sbagliate sono gravi, ma saranno pur sempre rimediabili; i guasti dell’anima sono più profondi e difficili da curare e, se non vi sarà da parte di tutti una risposta che si traduce in comportamenti virtuosi frutto di consapevolezza culturale, potrebbero essere necessari decenni per rimediarvi.Per questo credo che anche noi, nel nostro quotidiano, dobbiamo essere consapevoli del ruolo istituzionale che ci è assegnato dalla costituzione.

Postato da dino avanzi il 09/05/2011 19:16

Bella e toccante la testimonianza del ragazzo pakistano, dovrebbe essere motivo di riflessione per tutti noi. Dino 51

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