16/01/2012
Don Antonio Mazzi
E' strano pensare a don Antonio Mazzi, l'energico, incontenibile "don", costretto in un letto di ospedale a causa di un problema al cuore. Quando l'hanno ricoverato d'urgenza all'Istituto cardiologico Monzino di Milano, sabato sera, don Antonio era tornato da poco dall'Honduras: un viaggio rapido, di pochi giorni, per andare a controllare di persona lo stato dei lavori di costruzione del "Grande albero di Leonardo Zega", la casa di accoglienza per ragazze madri e donne vittime di violenze che la Fondazione Exodus sta realizzando in collaborazione con Famiglia Cristiana. Proprio don Antonio ha voluto dedicare questa nuova struttura a don Zega, l'ex direttore del nostro settimanale scomparso due anni fa, al quale lui era molto legato.
Domenica mattina don Antonio, che i nostri lettori seguono ogni settimana nella rubrica "Fuorigioco", ha subìto un intervento urgente di angioplastica. E giovedì sarà sottoposto a un'altra operazione. «Di fronte a questa situazione», spiega Franco Taverna, formalmente segretario generale della Fondazione Exodus, in pratica il braccio destro di don Antonio e suo collaboratore più longevo, «c'è un uomo di 82 anni con una grinta, una forza e un'energia che si troverebbero difficilmente in un quarantenne e che, nello stato in cui si trova, appaiono perfino esagerate. Adesso lui è in quel letto di ospedale che continua a domandarsi che cosa ci fa lì e a dire che lui ha tanto lavoro da portare avanti e non può perdere tempo. Ogni tanto il medico arriva e gli dice "caro don Antonio, qui non comandi tu, comando io". Questo è un po' il suo lato "folle". E da quando lo conosco, cioè da 32 anni, è sempre stato così».
Per Exodus l'assenza temporanea del fondatore è una complicazione, soprattutto perché prima d'ora non c'erano stati segnali che facessero sospettare problemi cardiaci. Ma la Comunità sta reagendo con grande preparazione e lucidità, senza sbandamenti o disorientamento. «Già da molti anni», osserva Taverna, «lavoriamo sul tema della formazione e sulla costruzione di un gruppo forte, formato da una trentina di persone, che gestisce responsabilmente le comunità in Italia e all'estero. Quindi, dal punto di vista organizzativo, siamo preparati. Da almeno due anni don Antonio porta avanti un lavoro formativo per preparare anche a livello spirituale i suoi "successori"; ha stimolato la nascita di un gruppo di lavoro molto ampio».
«Anche per quanto riguarda la gestione delle Case», continua Taverna, «in ogni Regione d'Italia ogni Comunità ha sviluppato un rapporto autonomo con il mondo delle istituzioni locali e il territorio. Poi, ovviamente, abbiamo momenti di incontro e di lavoro di squadra: una volta al mese circa ci riuniamo tra responsabili in quello che chiamiamo il "tavolo". Del resto, la nostra attività è diventata molto diversificata e non può essere gestita da un'unica persona: oltre al lavoro sulle tossicodipendenze e il disagio giovanile (quello più conosciuto), ci sono i nuovi oratori, poi le cooperative sociali e l'attività di formazione di volontari che vadano a operare all'estero con l'associazione Educatori senza frontiere». Una volta uscito dall'ospedale, è chiaro, don Mazzi dovrà rivedere il suo stile di vita, ripensare i suoi ritmi. «E' quello che speriamo tutti. Ma, conoscendo il suo carattere, sarà dura trattenerlo...».
Giulia Cerqueti