04/02/2013
L'ingegnere Mario Belluomo (Ansa).
Il primo annuncio è arrivato da Mosca, dal ministero degli Esteri della Russia: Mario Belluomo, l'ingegnere italiano rapito in Siria il 12 dicembre insieme con due colleghi russi (Viktor Gorelov e Abdessatar Khassun) è stato liberato.Belluomo lavora per la Hmisho Steel, un impianto siderurgico di avanguardia realizzato in Siria con l’aiuto
dell’Unione Europea, i cui prodotti sono destinati anche a Iraq,
Europa e Paesi del Golfo Persico.
Il lieto fine della vicenda ha riportato i riflettori sulla situazione siriana, per qualche settimana caduta nel dimenticatoio nonostante che i fatti clamorosi non siano mancati. Prima le accuse ad Assad, le cui truppe avrebbero usato armi chimiche contro gli insorti. Un'accusa di parte americana (un rapporto dell'ambasciata Usa a Istanbul, Turchia) che la stessa Casa Bianca, però, non si è sentita di confermare. Anche perché proprio Obama aveva stabilito nelle armi chimiche il passo oltre il quale sarebbe diventata operativaq l'ipotesi di un intervento militare.
Poi l'attacco dei caccia di Israele a un convoglio siriano carico di armi in movimento verso il Libano. Anche in questo caso si è parlato molto di armi chimiche, delineando questo scenario: gli ordigni erano in viaggio verso le basi libanesi di Hezbollah, con l'intento di minacciare Israele per interposta persona. Conferme non ce ne sono, prove nemmeno. Da molti anni i "Paesi canaglia" (Iraq, Siria, Iran...) vengono di volta in volta accusati di possedere e voler impiegare armi di distruzione di massa, senza che poi si abbia traccia concreta di queste intenzioni.
Nel caso della Siria, poi, la minaccia delle armi chimiche (che il regime in effetti possiede) ha cominciato ad essere agitata nel momento in cui il passo della rivolta anti-Assad si è fatto più lento e faticoso. Nelle ultime settimane gli insorti sono stati messi sulla difensiva. O forse si sono messi. E' piuttosto chiaro che anche per la Russia e per la Cina l'opzione per il futuro non è più Bashar al Assad. Mosca e Pechino, però, non sono disponibili a "mollarlo" finché non avranno la garanzia che l'assetto futuro della Siria non sarà loro ostile, o almeno non sarà completamente schiacciato sugli interessi strategici degli Usa.
E' una partita diplomatica complessa, con molti interlocutori (Turchia, Israele, Francia, Arabia Saudita...) dagli interessi divergenti, ma con il comune timore di spalancare le porte a un regime islamico integralista. Mentre le trattative si prolungano, è possibile che le azioni degli insorti anti-Assad, chiaramente ispirate dai servizi segreti degli Usa e dei Paesi arabi, siano state congelate in attesa di nuove direttive.
Fulvio Scaglione